L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Tra il XIX e il XX secolo furono ricorrenti negli Stati Uniti gli attacchi rivolti contro i cattolici, sospettati di non poter essere dei buoni americani a causa del loro "papismo". Dal cattolicesimo, in altre parole, si temeva potesse derivare una "teocrazia" diretta dal Vaticano. Tale fobia fu ancora tra gli argomenti preferiti dalla destra nativista e fondamentalista al tempo della sua polemica contro J.F. Kennedy, cattolico di origine irlandese. Più di recente, però, la prospettiva si è capovolta: ora sono in molti a ravvisare un pericolo teocratico proprio nel protestantesimo di stampo conservatore da cui, per mezzo secolo, erano partite le crociate anticattoliche. All'interno di questo nuovo dibattito si pone anche l'ultimo lavoro di Kevin Phillips, stratega di lungo corso del Partito repubblicano e oggi uno dei più noti commentatori politici d'oltreoceano. A connotare più specificamente l'analisi di Phillips è il tentativo di mettere a fuoco le connessioni che si possono stabilire tra l'ascesa politica del fondamentalismo religioso e alcuni importanti fattori dell'odierna situazione economica americana, quali la questione petrolifera e la crescita del debito.
Il partito di Lincoln, secondo molti osservatori di schieramento opposto, ma anche nella percezione di autorevoli esponenti repubblicani, è diventato un "partito teocratico". In effetti sono frequenti le richieste di matrice protestante-fondamentalista nelle convention del Grand Old Party: dall'introduzione nella Costituzione di emendamenti contro l'aborto e contro i diritti degli omosessuali al ritiro del paese dall'Onu, organizzazione che secondo certi predicatori sarebbe dominata dall'Anticristo. È significativo, inoltre, che i sette principali leader della maggioranza repubblicana in Senato nel 2004, dal capogruppo Bill Frist al senatore della Virginia George Allen, avessero innanzitutto ottenuto la piena approvazione della Coalizione cristiana, potente organizzazione della destra religiosa. Cosa è successo, dunque, al Partito repubblicano? Nel '64, osserva Phillips, il senatore ultraconservatore dell'Arizona Barry Goldwater riuscì a imporsi nel Gop quale candidato alla Casa Bianca, ma fu poi sconfitto perché l'aggressività dei suoi programmi di politica estera spaventò gli elettori. Tra il 2000 e il 2004, invece, quello stesso elettorato a cui si era rivolto è stato conquistato dalla retorica fondamentalista. Il Partito repubblicano si è così trasformato, adottando una linea meridionalista e religiosa; non a caso, infatti, oggi risulta più debole negli stati con una numerosa presenza cattolica e in quelli in cui prevale la corrente evangelica "centrale" (episcopaliani, presbiteriani, congregazionalisti e metodisti).
Una grande coalizione politica come il Gop, dunque, è finita nelle mani di "confessioni marginali". "Gruppi che rappresentano solo da un quarto a un terzo della popolazione americana, ma che sanno mobilitarsi in massa per raggiungere i loro obiettivi". I fondamentalisti, e qui giungiamo a un punto centrale nell'analisi di Phillips, polarizzano il dibattito pubblico primariamente su questioni teologiche e religiose; non si occupano molto, invece, di politica economica, e pertanto "l'agenda politica dei settori industriale e finanziario non solo è libera di imporsi, ma non incontra più freni né limiti di alcun genere". Gli interessi petroliferi americani e la centralità del Medioriente nelle tesi fondamentaliste sui destini della cristianità, peraltro, hanno realizzato una convergenza assai preziosa per la tenuta della coalizione repubblicana. Sennonché, l'autore avverte, "risorse naturali, fanatismo religioso, guerre e indebitamento nazionale sono tra le cause principali che hanno innescato il declino delle precedenti potenze economiche mondiali".
In questi termini Phillips esprime, in fondo, la propria nostalgia per il vecchio Partito repubblicano, quello dell'età nixoniana (di cui era stato un attivo collaboratore). Non è certo il solo a richiamarsi al moderatismo del Gop prima della sua "meridionalizzazione": è oggi un argomento diffuso, soprattutto in seguito alla crisi di consensi dell'amministrazione Bush. Resta da vedere, tuttavia, quanto siano diversamente incanalabili le tendenze "teocratiche", frutto dell'intreccio profondo tra religione e politica. Se da un lato, infatti, non risulterebbe compatibile con il pluralismo religioso statunitense una forma di stato confessionale, e questa fu in effetti la motivazione dell'anticattolicesimo, dall'altro lato sono evidenti le implicazioni politiche del fervore evangelico americano, da sempre incentrato, sia pure nella notevole molteplicità delle sue varianti, sull'idea di un "destino manifesto" assegnato da Dio agli Stati Uniti. Giovanni Borgognone
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore