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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2012
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vi farà innamorare di foster wallace
Questo piccolo libricino è una vera chicca per chi, come me, ama il tennis ma anche per chi lo conosce solo da lontano e non si è mai fermato a guardare qualche scambio di una partita qualunque mentre faceva zapping in tv. Non conoscevo lo scrittore ma dopo aver letto Il tennis come esperienza religiosa credo che recupererò e leggerò anche gli altri suoi scritti. La scrittura è fluida ma incredibilmente particolareggiata e dettagliata e davvero nulla è lasciato al caso. La descrizione degli scambi è molto ben definita ma forse può risultare pesante da leggere per chi non ha mai visto una partita perché un conto è leggere degli scambi sapendo di cosa si parla ed un altro è leggere di quegli stessi scambi senza sapere minimamente in che contesto ci si trova. Personalmente ho preferito di gran lunga il secondo saggio presente, quello su Roger Federer, sia perché sono fan del campione di Basilea sia perché emergono molto di più le sensazioni dell’autore. Il primo è bello ma un po’ troppo particolareggiato e, secondo me, per chi non è mai stato agli UsOpen risulta complicato riuscire a costruirsi nella mente un’immagine chiara e nitida di quello che si sta leggendo. Il risultato della valutazione sono le cinque stelline che vedete ma, se dovessi valutare separatamente i due saggi, al primo darei quattro stelline scarse mentre al secondo cinque piene.
Roger Federer è il migliore giocatore di tutti i tempi e lo è per i risultati, ma soprattutto per l'eleganza e l'incredibile velocità di gioco apparentemente senza sforzo. Un dono della natura che Foster Wallace descrive con tutta la sua ammirazione e partecipazione. Bel libro anche per i non appassionati di tennis.
Recensioni
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David Foster Wallace è considerato uno dei massimi esponenti della letteratura postmoderna americana, autore di culto ben prima del suicidio nel 2008 che ha lasciato un vuoto incolmabile nei suoi lettori. A patto che abbia ancora senso parlare di “postmoderno” in letteratura, Wallace è sicuramente lo scrittore che, nella sua breve ma originale carriera, ha esasperato la commistione dei generi e dei temi, rompendo e andando oltre i confini del testo letterario. Con i suoi romanzi e le raccolte di racconti, Wallace ebbe un successo quasi immediato e paragoni illustri (De Lillo, Pynchon, Barth, giusto per fare qualche nome, anche se spesso non incontrarono il favore dell’autore). Troppo spesso, però, si dimentica che Wallace è stato anche un grande scrittore di articoli sportivi, di critica letteraria e di puri reportage di costume, editi in raccolte (come Una cosa divertente che non farò mai più, Tennis, tv, trigonometria, tornado, Considera l'aragosta) o pubblicati sulle più influenti riviste americane. Un genere che non si riduce mai a puro e semplice giornalismo, ma cerca di farsi continuamente anche critica sociale, attraverso uno stile che somma intellettualismo e comicità, ironia e reale trasporto, surrealismo e ricostruzione iperrealistica .
La scrittura di Wallace è diventata un modello di lettura del reale in cui lo sguardo dello scrittore, spesso compiaciuto e appassionato, è inserito perfettamente nella realtà che descrive, senza la volontà di elevarsi al di sopra di essa. Questo è forse il segno distintivo del suo fare critica, che lo ha sempre tenuto lontano da chi denuncia prendendo le distanze dalla realtà, e anche l’origine della sua fortuna, che deriva dal trovarsi proprio lì, in prima fila, dove la vita accade. Uno stile che in America ha avuto capiscuola come Thomas Pynchon e John Barth, ma che in Italia non ha mai avuto un seguito altrettanto illustre.
Roger Federer come esperienza religiosa è un breve saggio narrativo edito originariamente in Italia presso Casagrande Edizioni, pubblicato per la prima volta sul New York Times il 20 agosto 2006. Wallace fu infatti il corrispondente d’eccezione inviato dal quotidiano americano in Inghilterra per l’edizione 2006 di Wimbledon. La passione di Wallace per il tennis non è certo una novità e lui stesso lo ha praticato per anni a livelli agonistici. Il tennis, inoltre, è per Wallace termine di paragone per descrivere la complessità della società americana (si pensi ad Infinite Jest, considerato il suo capolavoro, o alle già citate raccolte di saggi). E tutto il trasporto di Wallace è palpabile in questo saggio, che non è solo il resoconto di una partita storica, ma soprattutto l’incontro perfetto tra un genio della letteratura e un genio del tennis.
Winbledon 2006: Roger Federer e Rafael Nadal si incontrano per la prima volta sulla terra rossa a Londra. Una finale epica, in cui si contrappongono due dei più grandi giocatori di tutti i tempi, ma anche due personalità diversissime, “le due facce dell’Europa a confronto: il machismo passionale del Sud contro la clinica e intricata maestria del Nord”. Per la cronaca, la partita si concluse con il trionfo dello svizzero Federer su Nadal in quattro set.
Il titolo dell’opera, che tratta “dell’esperienza che uno spettatore ha di Federer, e il suo contesto”, si ispira al commento di un autista londinese, che così descrive la sensazione che si prova osservando Roger Federer dal vivo: “una maledetta esperienza quasi religiosa”. Un’esperienza da cui non si può prescinedere, perché “il tennis in televisione sta al tennis dal vivo più o meno come un film porno sta alla reale sensazione dell’amore umano”.
Il saggio si apre con la descrizione dei “momenti Federer”: “gli attimi in cui, mentre guardi il giovane svizzero in azione, ti cade la mascella, strabuzzi gli occhi ed emetti suoni che fanno accorrere la tua consorte dalla stanza accanto per controllare che tutto sia a posto”. Un incontro che mette in campo le abilità incredibili di Federer, l’intelligenza, la capacità di leggere l’avversario, il senso dell’anticipo e della posizione, insieme a un eccezionale gioco di gambe e una spaventosa potenza. Federer ha qualcosa di ultraterreno, la sua grazia appartiene a “un tipo particolare di bellezza”, che Wallace definisce “bellezza cinetica”. È una bellezza che esercita un fascino ormai universale, che non ha niente a che vedere con il sesso e le norme culturali, ma “sembra essere strettamente legata alla possibilità per un essere umano di riconciliarsi con il fatto di avere un corpo”, alla gloriosa consapevolezza di interagire con la materia e di muoversi nello spazio. Wallace ne trae delle conclusioni: “Ci sono tre spiegazioni valide per l’ascesa di Federer. La prima ha a che vedere con il mistero e la metafisica ed è, a mio avviso, la più vicina alla verità. Le altre sono più tecniche e funzionano meglio come giornalismo”. Ecco lo stile di Wallace, che scavalca il semplice giornalismo e sconfina senza esitazioni nella metafisica. Dotato di un occhio instancabile che indaga cose e personaggi da ogni angolazione possibile, partendo dalla superficie delle cose, dagli eventi, dai comportamenti, Wallace ricostruisce alla perfezione l’esperienza nel suo complesso e trova le esatte parole per comunicarla. Così, al di là di una partita, Wallace descrive la magnifica sensazione di sentirsi ispirati e riconciliati con la bellezza attraverso la vulnerabilità della nostra umanità.
Recensione di Sandra Bardotti a Roger Federer come esperienza religiosa, a cura di Wuz.it
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