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Anno edizione: 2021
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«Si moltiplicano i segnali d'allarme sulla perdita di memoria collettiva e di ignoranza della nostra storia. Nella realtà italiana di oggi c'è un passato che sembra dimenticato. E il peso dell'oblio è qui forse piú forte che altrove. Ma che cosa significa liberarsi dal peso del passato?»
«Per squarciare le nebbie all'orizzonte, soprattutto nella pandemia mondiale, occorre ricostruire il pote tra vivi e morti. Prosperi vi contribuisce con un libro indignato, stimolante e molto dotto» - Simonetta Fiori, Robinson
Questo libro è, al medesimo tempo, un'apologia della storia e uno sguardo preoccupato sulla società dell'oblio in cui viviamo. Una società dove la storia, come disciplina, è vituperata e marginalizzata. E dove dimenticare il passato è un fenomeno connesso alla scomparsa del futuro nella prospettiva delle nuove generazioni, mentre le rinascenti mitologie nazistoidi si legano all'odio nei confronti di chi viene «da fuori». E tuttavia l'offuscarsi della coscienza e della conoscenza storica sembra passare quasi inavvertito. Per cercare di capire come siamo arrivati a questo punto, e per superare questa indifferenza sul tema, Adriano Prosperi propone qui una riflessione sul ruolo della memoria e della storia nella nostra tradizione.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Frammenti ormai - se non frantumi - di un ordine culturale che pur serve, un ammasso confuso di dettami in pasto alle indifferenze del digitale, manubrio intinto di veleno dove mani ormai abili stanno via via facendo deragliare la forza di una disciplina in una periferia negletta. Nei gironi della smemoratezza i dolosi hanno appaltato interi edifici, un neo liberismo orrido ha sormontato gli equilibri anche più sicuri, destre senza radici credibili sembrano proprietarie di un passato nuovo. Così la Storiografia è finita in cantine d'oblio, quasi irrisa sotto i tacchi di populismi fradici, metodologie da scarto al plasma, con buona pace di Tucidide, di Michelet e di quel florido e eterno giardino di ricchezze che furono gli Annales di Bloch e Febvre. Uomini che col loro destino somigliano quasi a spettatori nostalgici sui resti di verità assolute. Lontani certo dal pensare la Storia come Magistra Vitae, lo scopo di declassarla è comunque nitido da troppi e troppi anni. Rifare il trucco al volto della memoria, restaurarne certe grettezze addolcendone i tratti, sminuirne i bordi pericolosi, le scivolosità insane, come in una volontà di partorire amnesie e ottundimenti, mentre il grido fra le macerie sembra restare intatto: "Serve un passato non tramontato". Divisioni, spaccature, incerte identità politiche al centro della scena e altre meglio definite, ma senz'altro più vicine alla chiacchiera incompetente che a una valida misura di merito. Storia allora come Patria, come Nazione, Storia come respiro dei popoli, lotta, tensione di verità fra le forze, fra i sessi, sono ancora concetti spendibili? O non piuttosto detriti di sillabe dannose in un alfabeto andato in disuso? Che cos'è la memoria? E' la pasta di cui son fatti gli ultimi, e sembra proprio che per questi le meste didattiche "social" non abbiano voglia di interessarsi, ferme in didascalie gelide, senza onestà e sviluppo. Eppure il Vero esiste, e quest'importante lavoro lo chiama e lo evoca come spirito e luce.
Un libro intelligente, colto, ma amaro. Purtroppo, l’età dell’oblio è una realtà (basta vedere lo stato in cui versa l’interesse per la storia a scuola), ma constatare il pessimismo di studiosi del calibro del prof. Prosperi è inquietante: non è un campanello d’allarme, suona piuttosto come un brutto risveglio.
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