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Nel presente volume si raccolgono, curati e tradotti per la prima volta in italiano, alcuni scritti di questa prima fase ontologico-epistemologica dell’opera lewiniana. Il volume è preceduto da un saggio introduttivo di Luca Guidetti.
L’opera di Kurt Lewin è nota soprattutto per i suoi importanti contributi alla psicologia della forma e alla psicologia sociale. Ma nella sua fase giovanile, come membro del circolo neoempiristico di Berlino, egli si era occupato del problema dell’identità delle cose e degli eventi attraverso il tempo. Come possiamo dire che ogni cosa, cambiando nel tempo, rimane sempre «la stessa»? Come possiamo distinguere la trasformazione di una medesima cosa da due cose del tutto diverse? Qual è il limite del cambiamento che fa perdere l’identità o che consente di mantenerla? Si tratta di un’antica questione, nota come il «paradosso della nave di Teseo», secondo cui le cose conservano la propria identità anche se, in effetti, tutte le loro parti si modificano, come un uomo che, nel corso della sua vita, rimane lo stesso individuo pur cambiando tutte le sue cellule e i suoi organi. A tale questione, oggi al centro dei principali dibattiti ontologici, Lewin risponde mediante il concetto di «genidentità»: per dire che una cosa è sempre la stessa, non bisogna considerare le sue proprietà, ma le relazioni che sorgono e si sviluppano nel corso della sua esistenza. Prima di entrare a far parte del dibattito contemporaneo, soprattutto per merito di David Hull e Bas van Fraassen, il concetto di genidentità ha trovato importanti applicazioni all’interno delle indagini scientifiche di Albert Einstein, Hans Reichenbach e Rudolf Carnap.Indice
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