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Lungo la costa della Cumbria, un bambino passeggia in compagnia del padre. Il sole sembra risplendere e il cielo sembra sereno. Ma improvvisamente appaiono cumuli nembi all'orizzonte, da bianchi oscurano il cielo e diventano grigi; le prime gocce di pioggia sono seguite da una tempesta, il padre chiama i soccorsi ma ormai è troppo tardi: l'uragano disperde padre e figlio, che annegano: la favola bucolica si infrange contro un muro d'acqua reso in modo icastico. La pessimistica conclusione che si rifà a questo fatto di cronaca è "Technology Won't Save Us". Episodio strumentale, che senza parole evoca suggestivamente nelle sue tre fasi (acustica-orchestrale, percussiva, chitarristica) la tragedia. Il quarto album in studio del progetto Sophia si inscrive nello stesso percorso creativo di "People Are Like Seasons", e tuttavia in questo caso il brano che più spicca è sicuramente la title track, che condensa il significato, facendo pensare ad una specie di proiezione del lato più apocalittico dei God Machine sul presente Sophia. Che si tratti di una probabile riflessione sul passato-che-non-passa (ma non può tornare) da prte di Robin è inferibile dal titolo dell'altro pezzo-forte: "Pt1/Pt2 (Cherry Trees And Debt Collectors)" che suona esattamente come i God Machine di "One Last Laugh..." e ottiene lo stesso effetto di condurre chi ascolta in un'altra dimensione: ma solo per pochi minuti; degli altri due strumentali uno ("Theme For The May Queens N.3") è puro noise-core destrutturato, l'altro ("Twilight At The Hotel Moscow") aggiorna il Sophia sound al post-rock: suggestiva e molto vagamente "balcanica-mitteleuropea"; tuttavia, a parte i due gioielli citati è nelle ballads che i Sophia si esprimono come sempre nella forma più riconoscibile: "Where Are You Now" e soprattutto "Birds" con un tappeto di campionamenti che rende "ambientale" il pezzo; in definitiva un disco poetico e pregevole, ma che ha due difetti: primo, la discontinuità (disomogeneità); secondo, la sua incompiutezza ne fanno un'opera di transizione.
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