Nella collana di Bompiani "Classici della Letteratura Europea" è uscita l'edizione completa delle opere di Molière, in traduzione italiana e con il testo a fronte. Sono in tutto ventotto commedie, molte delle quali non reperibili sul nostro mercato librario, alcune addirittura mai tradotte. Solo sei mancano all'appello, non tutte secondarie, ma il volume non poteva superare le tremila pagine. Per ogni opera vengono fornite la trama, un'utile scheda che informa anche del dibattito critico, una bibliografia essenziale e dense note esplicative (ahimè a fondo volume!). Hanno collaborato all'impresa molti giovani studiosi, sia per le introduzioni che per le traduzioni, insieme con alcuni noti specialisti del teatro francese del XVII e XVIII secolo. L'insieme viene a costituire un concerto di voci bene orchestrate dal curatore Francesco Fiorentino che introduce con sottile eleganza il volume e con mano ferma ne governa l'impianto critico. Sotto l'egida di Gabriel Conesa l'edizione dei testi francesi è stata realizzata in gran parte a partire dalle primissime pubblicazioni a stampa (non quindi dalla edizione completa condotta, dopo la morte di Molière, nel 1682 da Vivot e La Grange). Le traduzioni risultano accurate e fresche, quelle in prosa attente a una resa italiana naturale e recitabile, vicina il più possibile alla scorrevolezza del fraseggio in Molière; quelle in versi intendono riprodurre il ritmo piano e cantabile degli alessandrini: una vera sfida nella più ingombrante vocalità italiana. In alcuni casi i traduttori restituiscono anche le rime baciate: si traducono così, per noi lettori, gli echi interni e le cerniere del battito poetico. Infinite sollecitazioni nascono da una lettura anche veloce delle introduzioni. Già il saggio di Fiorentino sottolinea in particolare, e non poteva essere diversamente, il gioco felice di fonti e prestiti nell'invenzione drammaturgica del grande autore-attore e capocomico. Emergono con evidenza le ibridazioni multiple fra culture e tradizioni teatrali e letterarie spagnole, italiane, francesi; dalla farsa medioevale autoctona alle trame decameroniane e il grottesco narrare di Rabelais, fino alle commedie d'intrigo spagnole, i canovacci dei comici italiani fondati sulle furberie dei servi, lo stile moderato invece delle nuove commedie francesi e le atmosfere dei romanzi preziosi da alcuni decenni in voga. Particolare risalto è dato all'apporto delle tradizioni ancora vive dei farçeurs francesi (Jodelet, Turlupin, Gros Guillaume) e dei comici italiani. I primi si trovano a recitare nella troupe di Molière in provincia e poi a Parigi alla fine degli anni cinquanta del secolo, i secondi, come noto, recitano per volere di Luigi XIV accanto a Molière nelle sale del Petit Bourbon prima, del Palais Royal in seguito. Fra loro il "maestro" Tiberio Fiorilli e l'emulo Dominique Biancolelli, Arlecchino. Testimonia questi apporti la produzione di vere e proprie farse da parte di Molière, due sole delle quali giunte a noi da manoscritti tardivi (Le médecin volant, La Jalousie du Barbouillé). Le squisite "petites comédies", come Les Précieuses ridicules e Sganarelle ou le cocu imaginaire, rappresentano agli occhi dei contemporanei la novità di una sintesi inedita del comico buffonesco con lo spirito galante e mondano dei salons. Le commedie che attingono poi alla farsa e ai lazzi degli Italiens (Le Médecin malgré lui, Les fourberies de Scapin) appaiono interpolate, fino alla fine dei suoi giorni, ai capolavori tanto più impegnativi e controversi, con la funzione di contrappeso, di riequilibrio e alleggerimento del repertorio. Le regie di Dario Fo per la Comédie Française nel 1990 hanno saputo restituire il peso scenico e il gioco mimico ad alcune di quelle "farse", così stimolando la critica, come spesso accade. Per Fiorentino è la tradizione della farsa che si perpetua e si rinnova con Molière, garbatamente polemico, in questa asserzione, nei confronti della recente Pléiade a cura di George Forestier e Claude Bourqui in cui, invece, contestando la credibilità delle fonti coeve, si tende a liberare l'opera del commediografo dai "contagi" delle tradizioni carnevalesche. L'edizione italiana dimostra come la funzione del riso più basso e scurrile si possa coniugare nella produzione del grande capocomico con le gradazioni e le contraddizioni interne del ridicolo, con un riso più moderato, anche con le grazie dell'Arcadia, della danza e della musica, per dare vita a una miscela comica del tutto inedita, carica di sensi anche oscuri ed enigmatici, animata dal lievito di un libertinismo intellettuale che sovente traspare. L'impresa è davvero meritevole, mette a disposizione di lettori, e si spera anche di registi italiani e attori, un Molière meno imbalsamato e univoco, restituito alla molteplicità degli umori e dei sapori della sua lingua teatrale, aperto all'interpretazione anche moderna di quella densissima "scrittura scenica". Silvia Carandini
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