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Il tarlo delle Leghe
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1991
391 p.
9788886751032

Voce della critica

MOIOLI, VITTORIO, Il tarlo delle leghe, Comedit 2000, 1991
MANNHEIMER, RENATO, La Lega Lombarda, Feltrinelli, 1991
AA.VV., Localismo politico: il caso della Lega Lombarda, Com.Regionale Lombardo DC, 1989
recensione DI Allasino, E., L'Indice 1992, n. 4

La rapida avanzata della Lega Lombarda e di altri movimenti regionali analoghi ha sollecitato la pubblicazione di ricerche e di opere di documentazione e di intervento politico sull'argomento. Sarebbe fuorviante usare questi studi come libri profetici sui futuri successi, o insuccessi, elettorali delle leghe riducendo ancora una volta tutto il problema a una spartizione di voti. Da questi studi risulta che il leghismo è un aspetto particolare di una più ampia e profonda crisi la cui comprensione richiede approfondimenti specifici, oltre alla rifrequentazione della letteratura su vecchi temi come il populismo e il nazionalismo. Già nella prima metà del 1989 la Democrazia cristiana lombarda aveva commissionato una ricerca sui simpatizzanti per la Lega Lombarda che lucidamente mostrava come questo movimento politico non si radicasse in ambienti sociali e politici marginali, ma trovasse sostegno in fasce di popolazione attiva pienamente inserita nella società e nell'economia lombarda e fortemente motivata all'azione politica.
Successive indagini hanno confermato e precisato le caratteristiche del leghismo, mentre i suoi successi elettorali, per qualità e diffusione sul territorio, hanno fornito ulteriori elementi di riflessione. Molti di questi dati e informazioni sono analizzati e interpretati in "La Lega Lombarda" di Renato Mannheimer (con scritti di Roberto Biorcio, Ilvo Diamanti, Renato Mannheimer, Paolo Natale), contributo di grande importanza per l'analisi del leghismo e per un suo corretto inquadramento politologico e sociologico. Ai suoi esordi, la Lega Lombarda era un movimento locale legato a temi quali la difesa del dialetto, la riscoperta e la valorizzazione di tradizioni e usi locali, la richiesta di una maggiore autonomia. Su queste basi essa non sembrava destinata a espandersi oltre ristretti confini territoriali e sociali, anche se nel corso degli anni settanta si erano sviluppati in tutto l'Occidente nuovi movimenti etnici regionali, alcuni dei quali destinati a divenire dei protagonisti delle scene politiche. Nel corso degli anni ottanta, in particolare sotto la leadership di Bossi, avvengono alcune riformulazioni e riorientamenti dei temi politici centrali per la Lega, consentendole di diventare un movimento politico capace di raccogliere ben più ampi consensi. Il saggio di Roberto Biorcio illumina questi passaggi, chiarendone l'aspetto di elaborazione politica, contro l'ipotesi di un generico rispecchiamento di umori popolari non mediati e non interpretati.
La crescita del leghismo si inserisce nella crisi delle subculture politiche locali, nelle quali viene meno il tradizionale legame di fedeltà a un partito, ma non scompare la spinta alla ricerca di un'appartenenza politica stabile in forme subculturali. Tra i passaggi fondamentali che hanno permesso un salto di qualità politica al leghismo, e da cui deriva la crescita nella quantità e diffusione dei consensi, vi è la riformulazione dell'antimeridionalismo in ostilità verso gli immigrati extracomunitari, lo spostamento di enfasi dagli aspetti localistici dell'appartenenza al regionalismo lombardo, con il passaggio dall'uso tendenziale del dialetto a quello di un linguaggio popolare non dialettale e l'introduzione di stili e temi tipici del populismo. Il leghismo insomma assume i connotati di una forma di nazionalismo: rottura delle ristrette lealtà locali, enfasi sui valori morali e civili del popolo, individuazione di un duplice nemico, il potere romano e gli "estranei ". Interessi economici regionalistici e di ceti medi, identità locali, timore delle trasformazioni sociali vengono sintetizzati con la proposta di soluzioni drastiche e semplificatrici. La Lega fa uso di temi tipici del populismo conservatore, comuni a molti altri movimenti politici europei contemporanei, ma mentre questi enfatizzano in genere l'appartenenza agli stati nazionali, la Lega ha saputo coniugarli con un neoregionalismo che la radica territorialmente, le consente di attingere a un non esaurito bacino di consenso subculturale e unisce l'egoismo locale alla chiusura contro gli estranei.
Le analisi del libro di Mannbeimer consentono di chiarire la questione del presunto razzismo della Lega. Tra gli elettori e i simpatizzanti della Lega è diffusa una certa ostilità nei confronti dei meridionali; degli stranieri e in generale dei diversi, ma il leghismo non si limita a rivelare, a far emergere una xenofobia diffusa in certi gruppi sociali. Il punto fondamentale è che esso fa passare l'esclusione degli stranieri, in senso sociologico dal piano di generici e non strutturati atteggiamenti di ostilità a quello di un tema propriamente politico, oggetto di discussione, contrattazione, valutazione anche con strumenti referendari. In questo sta il nodo fondamentale, il salto di qualità. Politiche di esclusione e di segregazione assurgono alla dignità di temi di discussione e di negoziazione, divengono progetti percorribili e negoziabili. Indipendentemente dal grado di ostilità personale verso gli stranieri degli esponenti o degli elettori leghisti, l'uso politico della xenofobia mette in moto processi che possono sfuggire di mano a chi li ha avviati e portare a situazioni di vero razzismo. Più dedicata alla ricostruzione e alla confutazione delle posizioni politiche della Lega Lombarda, l'opera di Vittorio Moioli "Il tarlo delle leghe" fornisce un'ampia documentazione delle strategie politiche della Lega Lombarda e delle altre forze politiche e sociali nei suoi confronti. Puntiglioso e incalzante nel ribattere le tesi dei leghisti, Moioli è nettamente contrario a tutte le interpretazioni che sminuiscono la rilevanza e la significatività politica della Lega. Una parte del volume è in effetti dedicata mostrare come l'avanzata del leghismo nel quadro politico sia un fenomeno tutt'altro che marginale, non solo per la percentuale di suffragi elettorali, ma anche per il radicamento e per la capacità organizzativa delle leghe in alcuni ambienti sociali, in particolare in certe fasce della borghesia produttiva. Ancora una volta ne esce smontata l'idea di un leghismo folcloristico e marginale e se ne evidenzia invece la caratteristica di fenomeno inserito in trasformazioni del quadro sociopolitico non solo italiano, ma internazionale. In effetti Moioli ricorda come il leghismo "localista" si ricolleghi, mutatis mutandis, a situazioni e a movimenti politici presenti oggi in molti altri paesi, divenendo, paradossalmente, uno dei fenomeni più europei e attuali di un quadro politico italiano per altri aspetti assai provinciale. La crescita del leghismo viene quindi ricondotta a una più generale crisi che in parte è dovuta a specifici caratteri del sistema politico italiano, in parte si inserisce in una più vasta crisi dei processi di modernizzazione. La risposta del leghismo a queste crisi è chiaramente classificata da Moioli tra i movimenti neoconservatori populisti. I programmi politici della Lega propugnano, non appena se ne esaminino i contenuti concreti, un netto ripiegamento sulla difesa dell'esistente, una caduta di capacità di pensare al futuro, un crollo della solidarietà e un arroccamento sulle posizioni ad una società che teme le trasformazioni e il futuro. "Quattro in particolare sono le connotazioni che fanno della Lega una forza neo-conservatrice e cioè: il suo autonomismo separatista, il neoliberismo in economia, le sue manie xenofobe, l'autoritarismo politico che la contraddistingue come organizzazione" (pp. 151-52). L'ambiguità di certe posizioni leghiste, l'oscillazione sostanziale di certi programmi politici, la fuga dalle responsabilità amministrative non sono, secondo Moioli, sintomi di una letale incapacità politica, ma elementi caratteristici del populismo e del trasformismo politico della Lega che ne sorreggono la capacità di penetrazione e che la sottraggono al corretto contraddittorio politico. La quarta parte del libro, "Alcune riflessioni su come arginare le leghe e rilanciare un'alternativa di cambiamento sociale", ha tra i suoi assi portanti l'idea che il leghismo nasca anche da una grave crisi di progettualità sociale, dal ritrarsi miope e freddoloso della nostra società su obiettivi minimi di salvaguardia dell'esistente, del noto, del familiare. Contro tale situazione Moioli auspica, e indica alcune linee di azione a tal fine, un forte rilancio della capacità di progettare e operare per il futuro da parte della sinistra. Senza dubbio da rana tale ripresa trarrebbe giovamento l'intero quadro politico italiano.

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