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La mezzosoprano Tara Hugo ha realizzato questo splendido lavoro nel quale si tirano le fila della produzione di Philip Glass degli ultimi 30 anni, selezionando una serie di brani provenienti da vari suoi lavori, tutti caratterizzati dall’essere sostanzialmente assimilabili alla forma-canzone ed arrangiati per pianoforte ed archi (ma sono presenti anche spruzzate di chitarra, percussioni, arpa e qualche legno). Quello che spicca in queste registrazioni è il bel contrasto tra gli strumenti e la musica (che suonano tipicamente glassiani nel loro incedere spesso rigido e matematico) e l’interpretazione della Hugo che riesce a rendere estremamente espressiva la sua parte, svelando un lato comunicativo della musica di Glass che (forse) era sconosciuto allo stesso compositore. Nel disco troviamo brani già conosciuti come quella “Streets of Berlin“, incisa anni fa da Ute Lemper, in una nuova versione molto intima e convincente, recuperi da “Book of longing”, l'opera realizzata con Leonard Cohen (come la bellissima “A sip of wine” o “How much I love you“), ma qui realizzati in maniera più incisiva (come se la Hugo fosse stata lasciata più libera di lasciarsi andare…) ed emozionante. Compaiono poi pezzi da quell' “Hydrogen Jukebox” realizzato con Allen Ginsberg e addirittura da “Monsters of grace” (“Let the letter read you“, dove il testo di Rumi viene reso meglio che nell’opera originale, e la commovente “The new rule“). Ci sono poi cose nuove, o comunque molto poco conosciute, come “Planctus“, scritta anni fa per (e con) Natalie Merchant e mai incisa prima o alcuni brani strumentali di Glass ai quali la Hugo, dimostrando grande personalità, ha aggiunto dei suoi testi (la bellissima “Kabul“, l’iniziale e struggente “Always neverwas“, l’inquieta “Spinning“). Insomma un lavoro prezioso e anomalo, uno sguardo sull’universo glassiano abbastanza innovativo e di grandissimo buon gusto. Quando cantabilità non equivale a banalità.
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