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Raccontata in poche pagine la costante fuga dalla morte, in preda alla disperazione le colonne di persone che vanno incontro ad una morte brutale. Tempo trascorso in preda al terrore in buchi come tombe per evitare la morte certa. Claustrofobico.
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Negli anni 1946-47 Koeppen accetta di scrivere per l'editore Kluger di Monaco le memorie dell'ebreo tedesco-polacco Jakob Littner, sopravvissuto alla Shoah. Immedesimatosi nella sua storia, Koeppen ne racconta l'ardua fuga da Monaco verso Praga e poi in Polonia, nel ghetto di Zbaraz. Incalzato dai nazisti, per salvarsi dalle continue "azioni" che vogliono la città judenfrei, libera da ebrei, Littner si cala in una fossa scavata nel fango, dove attende che il suo tragico destino si compia. Salvato in extremis da un nobile fascista decaduto, che lo nasconde in cambio di denaro nell'umida e buia cantina della sua villa, Littner attende paziente la liberazione da parte dei russi. Sopravvissuto nelle viscere della terra come un cadavere che stenta a putrefare, Littner si avvicina al dio per cui subisce la persecuzione e per cui ha sempre provato indifferenza. Paradossalmente si salva proprio grazie alla malvagità e all'avidità illimitate dell'uomo, che gli danno la possibilità di mercanteggiare la propria vita. Il ritmo del racconto, che parte dal 1938, accelera con l'evolversi degli eventi, fino a perdere il carattere documentario dell'inizio; in tal modo è resa la progressiva perdita di orientamento spazio-temporale del protagonista. Apparso anonimo nel 1948, il libro conobbe maggior fortuna nel 1992, anno della sua ristampa presso Suhrkamp, riproponendo al grande pubblico uno degli scrittori più noti del dopoguerra tedesco.
Silvia Ulrich
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