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Come si fa a non amare un libro così bello e struggente?
Recensioni
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Sei anni dopo, a Wis[l barrata]awa Szymborska è ormai riuscito di cancellare dall'espressione della critica italiana l'inclinazione perplessa, quasi infastidita dal conferimento del premio Nobel alla sua letteratura. Merito - fra l'altro - delle molte edizioni tirate da Gente sul ponte e La fine e l'inizio per i tipi di Scheiwiller, in coraggioso anticipo; merito della terza edizione raggiunta da Vista con granello di sabbia, ampia antologia Adelphi (1998) successiva all'incoronazione svedese. Così come sarà merito, adesso, di questo Taccuino d'amore: un volume prestigioso, con testo a fronte, curato e tradotto benissimo da Pietro Marchesani. Wis[l barrata]awa Szymborska è poetessa assai parsimoniosa: in cinquant'anni, nove raccolte di versi e poco più di duecento componimenti. I suoi argomenti sono tutti gli argomenti eppure, numeri alla mano, l'amore la fa da padrone. Trattato almeno nel modo in cui Szymborska è abituata ad affrontare ogni questione artistica, cioè da molteplici punti di vista. L'amore umano e animale, tra fidanzati e semplici conoscenti, quello d'inizio e quello della fine, felice e non. Le soluzioni stilistiche mutano a seconda del contesto, il linguaggio si fa negli anni sempre più chiaro e ironico; mentre la prospettiva è continuamente capovolta. Logico allora che, come a chiudere il cerchio, stiano i recenti versi de Il primo amore: "non ricordato, / neppure sognato, / mi familiarizza con la morte".
Alessandro Ajres
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