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Non un libro eccezionale, probabilmente un' opera scritta da un autore part-time prima per sè stesso che per gli altri. Apprezzabile per le atmosfere che propone e alcuni brani molto belli. per il resto una discreta elegia degli anni'60-'70.
Quello che di questo libro colpisce di più, ciò che ci resta alla fine della lettura non è tanto il racconto, sicuramente intrigante, ma il “non scritto”, le emozioni di molte pagine della nostra storia che qui vengono solo sussurrate, rievocate tra le righe della vita di Augusto che a volte con rabbia, a volte con tenerezza ci ripropone il ricordo di anni difficili. C’è la Genova barricata del ‘68, con la luce cupa di un inferno dantesco illuminato solo dai lampeggianti blu della polizia; c’è l’Italia intera immersa nel terrore degli anni di piombo delle Brigate Rosse stemperate però dalle scene di giornate universitarie, che nel ricordo rivivono goliardiche e spensierate, certo più di quanto non fossero nella realtà. Ci sono lunghi viaggi in treno, dove il ricordo corre ad una moto rombante su per le pendici del Monte Grappa o fugge ad una Liguria dal mare ancora cristallino. Ci sono i mille angoli di una Sanremo molto amata, rivisitata per amore di una norvegese, alla quale non è impossibile non far scoprire il fascino della nostra terra che diventa paradiso, se Geneviève assume per un attimo la vesti di Beatrice. E c’è il dolore di lasciare tutto per ricominciare proprio mentre un treno, che oggi non c’è più, esce dal buio di una galleria su una baia dal cielo pieno di stelle.
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