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Anno edizione: 2019
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Giuseppe Culicchia ci racconta una pagina della storia italiana che è un inno all'impegno della gioventù e alla lealtà di uno sport che vorremmo più pulito e capace di unire anziché di dividere.
«In tutta l'Italia c'era chi pur non avendo mai potuto mettere piede al "Filadelfia" sognava di vedere e cercava di replicare le incursioni di Grezar e le reti di Ossola, i tackle di Ballarin e i dribbling di Maroso, la grinta di Castigliano e la classe di Menti, per tacere ovviamente delle imprese già leggendarie di Mazzola.» Almeno fino a quella maldetta domenica di maggio di settantant'anni fa quando, dopo una partita amichevole con la squadra del Benfica, l'intera squadra del Torino Calcio salì sul trimotore I-Elce per fare ritorno a casa e finì invece per schiantarsi contro la Basilica di Superga, avvolta nella nebbia. Quella sera scompare una squadra leggendaria, capace di dominare il calcio italiano e di conquistare grande prestigio internazionale. Fu un lutto non solo per i tifosi «granata» e per i torinesi, ma per l'Italia intera. Come racconta Giuseppe Culicchia in queste pagine emozionanti, il Grande Torino era da tempo al di sopra del tifo campanilistico: un orgoglio per tutti e il simbolo della rinascita di un Paese uscito distrutto dalla guerra. Nella narrazione di quei giorni, del dramma e dei suoi protagonisti, riscopriamo una pagina della nostra storia che è un inno all'impegno della gioventù e alla lealtà di uno sport che vorremmo più pulito e capace di unire anziché di dividere.
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Recentemente tra articoli, trasmissioni televisive e libri abbiamo rivisto molti momenti legati alla squadra del Torino, alle famiglie dei calciatori e alle loro vite private, alle partire e alle loro vittorie, ma soprattutto all'evento drammatico che ha visto la scomparsa contemporanea di tutti i protagonisti, in quel giorno di settant'anni fa, contro la Basilica di Superga nelle colline torinesi. Giuseppe Cuclicchia ricostruisce molto bene questa storia, privata e collettiva, di sport e di vita, di società e di nazione. Lo fa riprendendo i documenti dell'epoca e ricreando un momento storico ormai sempre più lontano, ma che nella memoria collettiva dei torinesi (e forse anche degli italiani) rimane vivo. Decisamente un bel libro!
Pessimo. Delle imprese del Grande Torino ne è pieno il web ed esistono già parecchi libri o documentari al riguardo. L'autore cerca di far passare l'idea di ciò che quella squadra ha rappresentato non solo per i tifosi granata, ma per tutta Italia. Il problema quindi non è cosa racconta, ma come. Pagine di giornali dell'epoca riprese pari pari, eseguendo così un copia/incolla camuffato dall'effetto vintage. Un libro di sole 120 pagine nel quale diversi concetti vengono ripetuti più di una volta, addirittura interi paragrafi riscritti poche righe più in là. Sconsigliato.
io non sono assolutamente fanatica del calcio, ma leggere questa storia, di cui mi parlava mio papà ( che l'ha vissuta personalmente ) e dopo aver visitato la basilica di Superga e la lapide ricordo, mi sono commossa
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