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Dall'autore Premio Nobel per la Letteratura 2021.
Tra Oceano Indiano e Canale della Manica, Sulla riva del mare ci ricorda che il racconto e lo scambio di esperienze possono offrirci la possibilità di ritrovare noi stessi e gli altri.
Il sessantacinquenne Saleh Omar è un mercante di Zanzibar, richiedente asilo in Inghilterra. Sindbad dei giorni nostri, Omar lascia una terra dove il genio del male si è incarnato in governanti ladri provvisti di ogni forma di moderna violenza politica: campi di concentramento, armi e uno stuolo di cortigiani. Al suo arrivo a Londra, all'aeroporto di Gatwick, Omar mostra un visto non valido, rilasciato in patria da un suo parente e acerrimo nemico, Rajab Shaaban Mahmud. A Omar era stato suggerito di mostrare di non capire una parola di inglese, per cui l'assistente sociale che ha preso in carico il suo caso si trova costretta a chiedere la consulenza di un esperto di Kiswahili, uno dei dialetti dell'Africa Orientale: per ironia della sorte, l'interprete è Latif Mahmud, il figlio di Rajab, l'acerrimo nemico di Omar. L'uomo ha tagliato ogni ponte con la sua famiglia di origine dagli anni '60, quando ha chiesto asilo come rifugiato in Inghilterra, dove vive nella nostalgia della sua terra. Ora, Omar si trova faccia a faccia con Latif in una cittadina inglese sul mare. Entrambi rifugiati, con una origine e un destino che li accomuna. Il figlio del persecutore di Omar è anche la persona che può salvarlo e dargli finalmente una nuova vita. Dal premio Nobel per la Letteratura Abdulrazak Gurnah, un romanzo su due uomini che hanno scommesso tutto per cambiare vita, uno sguardo letterario implacabile sull'eredità dimenticata del mondo postcoloniale.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il migliore libro di Gurnah che ho letto finora. In particolare il capitolo iniziale apre gli occhi sul modo in cui siamo visti da chi desidera entrare in un Paese europeo. Le tumultuose storie di due personaggi che, ritrovandosi dopo anni in un Paese straniero, accantonano sentimenti di vendetta e di insensata litigiosità per ritrovare un equilibrio e la pace con se stessi attraverso il racconto delle loro vite.
Si presenta quasi come una testimonianza dall’interno del post-colonialismo britannico in cui la brutale impreparazione politico-amministrativa della nuova classe dirigente si intreccia al caos rancoroso delle vecchie rivalità inter-familiari dal punto di vista di un anziano africano richiedente asilo a Gatwick fingendo di non sapere una parola di inglese. Di carne al fuoco ce n’è tantissima – compresa un’escursione nel mondo della vecchia DDR – ma il risultato di una lettura peraltro di per sé affascinante (non si vince il Nobel per caso) mi ha lasciato abbastanza deluso. Troppa confusione tra i protagonisti (di cui uno ha assunto il nome del padre dell’altro, con il carico aggiuntivo dei patronimici arabi) e troppe divagazioni nelle faide familistiche, che non sempre si capisce a quale dei due personaggi si riferiscano. Non avrebbe guastato la presenza di un piccolo prontuario di traduzione per i frequenti termini in lingua originale kiswahili (capi d’abbigliamento, pietanze, oggetti casalinghi o anche profumi e sapori) così come finisce per affaticare il lettore la narrazione per lunghi capitoli senza un vero “capolinea di pausa”. Resta la bellezza di un malinconico affresco venato di nostalgia per quello che la decolonizzazione africana, così come la vita dei protagonisti avrebbe potuto essere e non è stata.
Sinceramente, mi aspettavo di meglio. Sono probabilmente partita con aspettative troppo alte. Interessante il contesto storico ma la narrazione in se risulta troppo caotica e dilungata. A fine libro ancora mi confondevo i personaggi. Purtroppo per me è NO.
Recensioni
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