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Questo bellissimo testo di Martin Walser ha riacceso in Germania, Austria e Svizzera la discussione sul concetto centrale del messaggio di Paolo e sul punctum protestantissimum della Riforma. Martin Walser è riuscito a riaprire il confronto sulla giustificazione nell'opinione pubblica, mentre non vi era riuscita la "Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione", proclamata ad Augusta nel 1999. L'originalità di questo testo consiste nel riprendere il dibattito teologico da Paolo, Agostino e Lutero mettendone in evidenza non soltanto il significato per la fede cristiana, ma lo splendido valore letterario che dalla Bibbia giunge fino a Jean Paul, Dostojewski,Robert Walser, Franz Kafka e Thomas Mann. Di più, il cuore del saggio mette a fuoco un confronto originale tra Karl Barth e Friedrich Nietzsche, i due figli di pastore, che convergono nell'affermare che il credente trascende assolutamente ogni forma religiosa e soprattutto chiude l'epoca avvilente, nella quale la giustificazione è scambiata con l'aver ragione nella corrida dei talk-show e nell'arena sanguinosa dello scontro mercantile dell'anatocismo planetario. La grandezza di Karl Barth si specchia nella verità tragica dell'esperienza di Nietzsche, dove Dioniso e il Crocifisso non si escludono, come comunemente e banalmente si pensa sulla base di una ridicola interpretazione dell'annuncio nietzscheano del "Dio è morto", ma si completano nella più meravigliosa delle dissonanze, che i dotti, gli intellettuali à la carte e gli accademici non sono in grado non solo di comprendere, ma nemmeno di intuire. Walser non scrive su Nietzsche, ma come Karl Barth insegna a proposito di Paolo, scrive con Nietzsche e fa giustizia dei giudizi a dir poco riduttivi, che Thomas Mann, approdato ai lidi inquinati della psicoanalisi freudiana, ha pronunciato su chi scrisse l'Also sprach Zarathustra. La banalità del bene appare come la secrezione della coscienza necessariamente falsa del potere mass-mediatico-telecratico
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