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Questo bellissimo saggio del sinologo-filosofo François Jullien è forse uno dei pochi testi che si permetta di contestare l’Amore sulla base di un sentimento o di un atteggiamento che lo travalica, e che potremmo definire come tenerezza, comprensione, vicinanza affettuosa, complicità: ma che l’autore propone di chiamare “intimità”. «L’intimità è quell’esperienza limite che fa cadere la frontiera tra l’Altro e sé», non in maniera possessiva, violenta, eccitata, passionale e frastornante come fa l’amore; bensì attraverso la scoperta lenta del bene che ci unisce a un’altra persona. L’Eros esige il desiderio, che si rivolge verso un esterno a noi, esibendo una barriera che tiene lontano l’Altro, come fosse uno straniero, in modo tale che la relazione con lui sia di conquista, «affilata come una lama, brutale», frenando dolcezza e complicità per lasciare posto invece a una sorta di aggressione provocatoria, di eccitazione improvvisa, di teatralità giocosa e liberante. L’intimità è successiva, più lenta e sedata, più amichevole e intenerita. Privilegia l’intesa tacita e l’implicito, la discrezione e il rispetto. Jullien fornisce al lettore molti esempi letterari che hanno affrontato il tema amoroso cercando di smitizzarne la retorica: da Georges Simenon a Stendhal, da Rousseau a Sant’Agostino per arrivare ai greci e all’antica Cina. La scoperta di un sentimento diverso dall’Eros (inteso come seduzione, possesso, soddisfazione egotistica), che incoraggi l’immersione «in un dentro condiviso», spontaneo e gratuito, non alienante, né normativo, né soverchiante, potrebbe costituire una via d’uscita dalla morale asfittica e interessata che assedia «il mondo storico in contrazione che è l’Europa». L’intimità ci insegna infatti a non essere più sospettosi, ad allentare i nostri sistemi di difesa e protezione, i calcoli e le ragioni, in una fiduciosa e intenzionale alleanza con chi ci è vicino, secondo modalità per non ci sentiamo più abbandonati e non abbandoniamo.
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