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Uno degli intellettuali più sconosciuti della destra radicale è senza ombra di dubbio Giorgio Locchi, talmente poco noto anche nel mondo neofascista in quanto i suoi libri, pochi per la verità, non vengono più riediti da anni. Non è così per questo “Sul senso della storia” pubblicato nel 2016 dalle Edizioni di Ar. Nel libro in oggetto vengono affrontati due argomenti principali: il “senso della storia” e “Martin Heidegger e la rivoluzione conservatrice”; entrambi i temi sono sviluppati, secondo la critica locchiana, all’egualitarismo che si è affermato nel corso della Storia a partire dall’affermazione del giudeo-cristianesimo che, con la sua morale salvifica e livellatrice, ha determinato l’ingresso della concezione lineare del tempo all’interno del pensiero europeo distaccandosi nettamente da una percezione sferica che gli antichi Greci già possedevano. Questa percezione si oppone decisamente alla già citata uguaglianza, ma anche al progresso e alla democrazia di tipo liberale così come siamo stati abituati a conoscere. Se, per citare un capitolo dell’opera di Locchi, la linearità prosegue dal Vangelo a Marx, il tempo sferico procede fino a Nietzsche e Heidegger di cui l’Autore tratterà nella seconda parte del suo breve scritto. Il volume è poi ampliato da un corollario a cura di tre autori omogenei all’area politica e culturale di Locchi in cui si tratta del pensiero di Heidegger e del rapporto controverso col nazionalsocialismo, rapporto che viene ben sviluppato da Adriano Scianca che mette ben in evidenza il fatto che il filosofo tedesco, già a partire dall’adesione alla NSDAP nel 1933, mostra una vicinanza di pensiero e idee al movimento hitleriano prima della sua nomina a rettore dell’Università di Friburgo, carica abbandonata nel 1934. Un libro consigliato questo perché fa conoscere, a chi vorrà leggerlo, un pensatore ingiustamente relegato nel dimenticatoio della cultura italiana ed europea (era un teorico della “Nouvelle Droite”), del Novecento.
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