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sarà la capacità della scrittrice di ricreare le atmosfere di certi paesi desolati in patagonia, sarà la nostalgia per un paese stupendo, sarà lo spaccato familiare che viene dipinto, ma io ho trovato questo libro interessante. un libro diverso nel panorama degli scrittori sudamericani
Il libro è come la fotografia di un posto in capo al mondo, Las Heras in Patagonia argentina, dalla quale poter conoscere cosa vuol dire vivere in regioni così remote. Bellissime le descrizioni, le testimonianze delle persone, e non soltanto quelle relative ai suicidi che sono ovviamente il cuore del testo. L'ho trovato molto piacevole da leggere, interessante, ben scritto, crudo ma sempre con quel pizzico di poesia.
Ero curiosa di leggere questo libro, soprattutto 'grazie' alla scheda. Sfortunatamente non c'è storia, non c'è niente. E' solo una lunga (anche troppo) descrizione del paese in questione, Las Heras, dove si sono verificati una serie di suicidi in poco meno di tre anni. Non c'è storia, neppure lo spunto di cronaca regge.
Recensioni
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Las Heras è una piccola città della Patagonia, un insignificante villaggio di pastori che negli anni sessanta si trasformò in un centro umano brulicante. La crescita improvvisa fu causata dalla scoperta che il sottosuolo della zona era ricco di petrolio. A partire da quel momento, molti argentini andarono a cercarvi fortuna, una scelta data dalla necessità e vissuta sempre come provvisoria. La crisi del 1993, dovuta alla privatizzazione della Ypf, l'azienda petrolifera statale, provocò la disoccupazione di migliaia di lavoratori, molti dei quali partirono per lasciare i pochi rimasti nel bel mezzo di una pianura fredda e sconfinata, senza uno straccio di futuro. È in questo desolante panorama che un triste fenomeno assume dimensioni allarmanti. Leila Guerriero, giornalista, racconta la sua esperienza di inviata con l'incarico di scrivere un reportage sulla lunga serie di suicidi che coinvolgono la parte più giovane della popolazione di Las Heras agli esordi del nuovo millennio. Guerriero non propone soluzioni né analisi, ma denuncia situazioni che altrimenti resterebbero ai margini. Coordina l'insieme delle voci che ascolta e riporta con fedeltà e rispetto, riuscendo a definire con sensibilità l'ambiente in cui si svolge la tragedia e che contribuisce a causarla. Il reportage si situa nell'ambito di una recente e fitta produzione di opere documentarie che manifestano l'esigenza di una revisione della storia argentina. L'autrice ha le idee chiare: gli eventi che si svolgono alla periferia del mondo, per quanto gravi, non saranno mai oggetto di attenzione, ma la parola scritta è capace di fare breccia e denunciare la necessità che certe storie vadano raccontate. Operazione riuscita.
Eva Milano
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