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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2015
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Si stenta a credere che in undici anni siano stati consumati 346 attentati terroristici (uno ogni 10 giorni), inizialmente a scopo dimostrativo, limitati alla distruzione di infrastrutture (tralicci, ferrovie, caserme), ma in una seconda fase - con l'entrata in campo di elementi pangermanisti e neonazisti - con la deliberata ricerca di uccidere (fra le vittime, anche un carabiniere di lingua tedesca). Grandissima l'area territoriale coinvolta, non limitata alla provincia di Bolzano, ma estesa anche a Verona, Milano, Como, ecc. Forse solo l'emergere immediatamente successivo del terrorismo brigatista, ben altrimenti presente nella nostra memoria collettiva, spiega la subitanea rimozione di quello sudtirolese. O forse anche la complessità intrinseca della questione, nella quale erano coinvolte le pesanti responsabilità storiche dell'Italia fascista. Nell'immediato dopoguerra, vasto consenso raccoglieva, anche fra gli inglesi e gli americani, la richiesta di riconoscere ai sudtirolesi il diritto all'autodeterminazione, che avrebbe portato sicuramente alla separazione del Sud Tirolo dall'Italia. Prevalse l'esigenza di non sacrificare eccessivamente un paese alleato, a cui già erano state imposte pesanti rinunce sul confine orientale, a favore della Jugoslavia (Istria e Dalmazia). La sistemazione della "questione" dell'Alto Adige, con il "pacchetto" di accordi per l'autonomia richiese una lunghissima trattativa con la Svp e l'Austria, che, lungi dal promuovere una mediazione, per lungo tempo offrì protezione logistica, risorse ed appoggio ai terroristi. Questi ultimi non avrebbero potuto mantenere un'attività così estesa e prolungata, senza gli appoggi di cui godevano fra Austria, Svizzera e Germania. Se l'esito finale è stato una vittoria della "buona politica", non si può dire altrettanto della concreta conduzione sul terreno "militare": vi furono casi di terroristi morti dopo l'arresto, e un ruolo molto dubbio dei servizi segreti.
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