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Libro di una bellezza delicata e malinconica, non c'è una vera trama, piuttosto una serie di considerazioni sulle piccole o grandi miserie umane, guardate sotto la pallida luce dei lampioni in una Parigi notturna ben diversa dalla sfavillante ville lumiere. Il tassista-scrittore incrocia gente di ogni genere, ma soprattutto persone che sono finite ai margini, e le confidenze che spontaneamente offrono nell'abitacolo della vettura o nei desolati bar di periferia, sembrano essere l'unico brandello di verità nelle loro tristi e consumate esistenze. Si percepisce il dissidio tra il sentimento di pietà e la necessità di non farsi coinvolgere troppo, ma la narrazione non è mai deprimente: quasi tutto il libro è percorso da una vena di garbata ironia, talvolta si può anche ridere, come nell'irresistibile episodio della signora d'alta borghesia che si lamenta stizzita dell'andatura troppo lenta, e viene perciò immediatamente scarrozzata a tutta velocità, senza curarsi delle sue terrorizzate proteste, e infine messa a tacere con poche fulminanti battute e un'impeccabile compostezza.
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È una beffa del destino quando le strade della città dell'esilio diventano più familiari di quelle di una qualsiasi città del proprio paese. Eppure, è proprio quello che accade inesorabilmente a molti degli emigrati, e Gajto Gazdanov in Strade di notte se ne fa testimone.
Emigrato all'inizio degli anni venti, con la cosiddetta prima ondata dell'emigrazione russa, lo scrittore si stabilisce, dopo una serie di peripezie, a Parigi e, dopo un breve periodo di lavoro alla Renault, insofferente della vita di fabbrica, si mette a fare il tassista. L'esperienza gli offre lo spunto per narrare le proprie peregrinazioni notturne per le vie di Parigi che diventano il punto di partenza per esplorare la natura umana. Non è la Parigi ville lumière la città per cui si aggira il nostro eroe, ma piuttosto un luogo che egli stesso definisce sinistro, un dedalo di vie malfamate o di quartieri di periferia. La notte favorisce gli incontri e rende più facile il disvelamento delle anime. Quel che ne viene fuori non è sempre bello e Gazdanov ne dà atto laconicamente, quasi a voler preservare un certo distacco dalla meschinità e dalla paura, dall'abbrutimento e dalla volgarità con cui deve, suo malgrado, fare continuamente i conti.
Il magma umano viene filtrato attraverso la coscienza dello scrittore che tende ad appiattirsi sullo sfondo come se la rivelazione dell'altro dovesse necessariamente passare attraverso la cancellazione dei suoi turbamenti. Anche nel contesto della storia della letteratura Gazdanov ha avuto, per circostanze indipendenti dalla sua volontà, un ruolo alquanto defilato. Le sue opere non sono mai state pubblicate in Urss e, solo dopo la dissoluzione dello stato sovietico, dopo decenni di oblio e a vent'anni dalla morte, avvenuta nel 1971, la Russia ne ha avviato la pubblicazione, stampando oltre cinquanta edizioni dei suoi romanzi e racconti.
Leggendo il libro, sembra quasi di vedere lo scrittore scrivere di giorno per poi la notte aggirarsi insonne per la città, trasportando gente di ogni risma, o fermarsi al bancone di un bar con l'immancabile bicchiere di latte ad ascoltare poeti e filosofi, puttane e reietti di ogni tipo disquisire sui massimi sistemi in preda ai fumi dell'alcol. Tutti sognano, almeno per un attimo, una vita diversa. Gazdanov era convinto che ogni individuo possieda due vite, quella che sta vivendo e che spesso non corrisponde alle sue aspettative, e un'altra, ideale, che è quella che avrebbe dovuto vivere.
Nonostante la carrellata di personaggi diversi, in questo libro mancano dei protagonisti veri e propri. È forse per questo che la critica dell'epoca aveva accusato Gazdanov di "scrivere sul nulla", ma la vera protagonista di Strade di notte è la vita, ricostruita attraverso una miriade di frammenti, le singole esistenze umane, in un estremo tentativo di ricomporre il puzzle e di dare un senso al tutto. Giulia Gigante
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