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Avevo letto, l'anno scorso, dello stesso autore "Un'eredità di avorio e d'ambra": mi era piaciuto moltissimo ed ho accolto con interesse questo libro. Devo dire che la sua lettura mi ha un po'deluso: non è altro che la storia della porcellana che passa dalla Cina, e precisamente dalla città di Jingdezhen, dove fu scoperto il segreto della sua fabbricazione all'Europa e delle infinite prove che vennero fatte per imitarla, prove che videro personaggi come Ehrenfried Walther von Tschirnhaus, Johann Friedrich Böttger, William Cookworty e Josiah Wedgwood e soprattutto Augusto il Forte, Elettore di Sassonia che diede vita alle porcellane di Meissen e scenari come Versailles, Dresda, ed infine Plymouth. La parte che si svolge in Cina mi ha ricordato, chissà perché, un libro che avevo letto circa trent'anni fa: si tratta del magnifico "Il mago dell'Occidente"di Giuliana Berlinguer nel quale viene raccontata la storia di Padre Matteo Ricci, il primo europeo dopo Marco Polo che si accostò alla civiltà cinese.
Recensioni
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(…) Per secoli l’uomo ha cercato la formula per riprodurre il candore del bianco. La storia tortuosa di questa ricerca è oggi raccontata da Edmund de Waal, tra i più noti ceramisti del mondo, che narra la nascita dell’“oro bianco”, la porcellana. “Tutto è custodito a doppia mandata quando si parla di porcellana.”, ricorda de Waal, e il suo libro è anche un romanzo giallo che narra i tentativi dell’uomo di far saltare la serratura, aprire la porta (…).
Si comincia con Marco Polo che dai suoi viaggi riportò un materiale bianchissimo, sottile, che lasciava trasparire la luce, eppure era duro. A lungo gli europei cercarono di riprodurlo, invano. (…) Si dovettero attendere le intuizioni di un matematico, studioso di teoria della luce, e di un alchimista che, alla corte di Augusto il Forte, re di Polonia, produssero la prima porcellana europea, che poi avrebbe reso possibili gli artefatti di Meissen. La storia di de Waal prosegue poi con i tentativi dei vasai inglesi, fino a quando la porcellana divenne patrimonio comune e passò, nel secolo successivo, da segreto principesco a soprammobile borghese. Allora fu deturpata in oggetto di culto per estetiche minori, addirittura venerata dai nazisti, in particolare da Heinrich Himmler che ordinò di produrre orribili statuette di porcellana per il Führer. (…)
La porcellana “inizia altrove” e “ti porta altrove”; il ceramista, come lo scrittore, vi trova l’occasione di mutare il mondo in racconto. La porcellana sarebbe insomma uno di quei materiali che “trasformano gli oggetti in qualcos’altro”: è “alchimia”, non esita a dire de Waal, che, tuttavia, commentando il disegno L’alchimista di Pieter Bruegel il Vecchio, ricorda anche come in fiammingo “alghemist” volesse dire: “tutto è andato male”. Dietro la liscia superficie del bianco si agiterebbe infatti il furore di un’ossessione, la stessa brama di infinito che muoveva i cercatori della pietra filosofale, lo stesso desiderio di assoluto. La porcellana rivela anche la fredda, disumana solitudine insita nell’ansia di perfezione: “credo di conoscere le insidie di un’ossessione per il bianco, l’attrazione verso qualcosa di così pulito, così totalizzante nella sua apertura al possibile, da trasfigurarti”. La porcellana, con il suo modo delicato, di attingere all’infinito, riscatta il valore dell’individuale sul collettivo, dell’istante sull’eterno. De Waal pensa che l’uomo sia sempre uomo-più- cose. Fare il vasaio è per lui come “fermare un pezzetto di mondo”, rimettere ordine al cosmo, far ripartire il giorno della creazione. E in questo modo stare bene, trovare conforto, dare un senso al proprio lavoro. (…)
Recensione di Luigi Marfè
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