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Dopo aver pubblicato Un paese a quattro ruote (cfr. "L'Indice", 2006, n. 3), Paolini propone un nuovo volume. E copre ora l'intero Novecento, senza rinunciare a esaminare i motivi di fondo dello strano primato dell'Italia, oggi la nazione con la motorizzazione pro capite più alta del continente dopo il Lussemburgo. L'automobile è stata del resto mito del futurismo, oggetto di lusso e misterioso, fino alla sua diffusione di massa a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta. Le ragioni dello straordinario successo italiano dell'automobile, a metà tra dimensione pratica e status symbol, sono oggetto di una particolare investigazione. Alla storiografia automobilistica è infine dedicato il capitolo conclusivo del volume, che si muove con attenzione all'interno del dibattito internazionale. Manca tuttavia nel testo anche solo un accenno all'influenza statunitense sulla costruzione del modello automobilistico europeo e italiano. Se ne ricava comunque che, sebbene i limiti di fondo del modello automobilistico fossero evidenti fin dagli anni sessanta per un insieme di ragioni (scelte autostradali, assenza di un valido sistema di trasporto collettivo, feticizzazione dell'auto), la corsa al possesso della vettura è continuata anche dopo la crisi petrolifera del 1973, inarrestabile pure di fronte a inquinamento, traffico e costi energetici. Assai interessanti sono poi la ricostruzione del difficile rapporto tra clero e automobile, così come le pagine dedicate alle tardive e confuse politiche nazionali nel campo dell'inquinamento automobilistico, diretta conseguenza dell'azione delle varie lobby. Mancano purtroppo tanto le note quanto l'indice dei nomi, il che obbliga l'autore a inserire nel testo cifre e richiami delle fonti, appesantendo una narrazione altrimenti brillante e godibile. Completa il testo una valida bibliografia ragionata.
Massimo Moraglio
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