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Anno edizione: 2024
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La storia Janek, un polacco che vive a Roma da più di trent'anni, senza casa, senza documenti o un posto fisso di lavoro. Un'opera scritta direttamente in italiano con una lingua che travolge, crudissima, unica.
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Sarò sincero...non mi ha particolarmente convinto. La lingua della strada, un italiano non perfetto, dopo le prime battute lascia il tempo che trova, non ci sono costruzioni particolari o trovate lessicali imperdibili. Tanti italiani, se scrivessero, probabilmente lo scriverebbero peggio un testo di questo tipo. Le vicende sono dure ma anche poco significative alla fine dei conti. L'inserto "storico" del periodo polacco (il militare, Solidarność) è un attimino più interessante, ma nel complesso mi pare più una trovata commerciale che qualcosa che valesse la pena essere pubblicato.
«Legge della strada: non puoi essere più grande di loro, se stai un po’ fuori dalla loro filosofia sei nemico. Se fossi stato debole fisicamente o psicologicamente sarei morto. Non sono tanto differente da loro, forse bevo anche di più ma lavoro, creo amicizie e anche un ambiente familiare, tanti la sera vengono da me, per vedere la tv, riscaldarsi, ma sempre c’è un’altra fazione che pensa solo una cosa: come sottomettermi. Arrivano scontri fisici, botte, dispetti, ma non riescono ad affrontarmi. Qui lo dico chiaro, non sono un eroe, ma la vita per strada è piena di sorprese. Alla fine arriva il giorno del giudizio». Storia di mia vita (Adelphi, 2024) di Janek Gorczyca, è il resoconto dell’esperienza trentennale (in Italia è arrivato nel lontano 1992) come uomo di strada, homeless, vagabondo, clochard, barbone, uomo randagio, epiteti che potrebbero caratterizzare la sua vita da nomade nella affollata quanto difficile realtà romana. Un’esperienza viva, che con estrema verità, e senza infingimenti – ho apprezzato molto la scelta editoriale di mantenere la lingua nel suo parlato e senza particolari revisioni grammaticali dando ancora più forza narrativa alla storia – entra in contatto diretto con il lettore che segue questa odissea quotidiana tra mense, ospedali, marciapiedi, luoghi improvvisati e di fortuna, questure, polizia, senso di fraternità comune tra i poveri, amori e speranze. Forse un tantino troppo acclamato e reclamizzato come il caso editoriale del momento, ma se lo si prende per quel che è – una testimonianza sincera e viva di un uomo di strada che racconta la sua esperienza di vita selvaggia – non lascia delusi, se invece ci aspetta un capolavoro, allora forse sì, potreste rimanerne scottati.
Da apprezzare per l'originalità e la brevità del testo.
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