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Un libro che ho letto per caso ma che mi è rimasto nel cuore. Praticamente sconosciuto al grande pubblico e sostanzialmente ignorato dal sistema scolastico, questo romanzo è di una profondità psicologica struggente, in un crescendo folle che conduce fino al tragico. Un piccolo gioiello, assolutamente consigliato.
Scritto da Verga nell’estate del 1869, ispirato da un fatto autobiografico, “Storia di una capinera” racconta il dramma umano e sentimentale di Maria, novizia destinata a prendere i voti che si trova lontana dal convento durante l’epidemia di colera che nel 1854 interessò Catania. Giovane, inesperta, sottomessa al volere della famiglia e votata all’obbedienza, Maria nei mesi che trascorre in campagna conosce la felicità dell’amore, anche se vissuta pudicamente, e il turbamento del peccato di non conservare intatti i propri sentimenti da offrire a Dio. Il finale è tragico, il pathos cresce giorno dopo giorno e le lettere indirizzate all’amica Marianna hanno il potere di sequestrare il lettore e farlo precipitare nella spirale di dolore che prova Maria. La condizione della donna nell’Ottocento e il noviziato forzato - quasi sempre di matrice economica - sono i due temi che con forza Verga cuce sulla protagonista e saranno la causa che porterà il turbamento tenero e appassionato, tipico degli amori giovanili, a una deriva folle e ossessiva. Coinvolgente, pieno di enfasi, una discesa agli inferi in piena regola, crudele e ingiusta, che con rara bravura Verga riesce a raccontare. Da leggere!
Seppure non apprezzi al cento per cento la forma epistolare, l'eccessiva ripetizione e l'eccessivo patos di alcuni punti, ho trovato il romanzo interessante e scorrevole, riguardo ad un tema poco discusso ad oggi, ma molto tedioso in passato: la monacazione forzata.
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