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Il grande affresco dell'arte meridionale dal tardo antico all'Ottocento, inaugurato da Francesco Abbate con il volume dedicato al periodo "Dai longobardi agli svevi", prosegue qui con una seconda fondamentale tappa che riguarda i secoli cruciali della presenza angioina e aragonese. La conquista angioina dell'Italia meridionale produce una rottura gravida di conseguenze profonde anche sul piano della produzione artistica. Muta decisamente la collocazione internazionale del Regno, la cui vocazione mediterranea non è più rivolta tanto all'Oriente, ma appare sempre più strettamente legata alla Provenza, terra di origine degli Angiò, e dove si trasferisce - ad Avignone - la sede stessa del papato. L'essere poi il Regno napoletano la nazione guida del campo guelfo rafforza i rapporti con Firenze e con l'arte toscana, specie in pittura, dove la rivoluzione giottesca la pone all'avanguardia nell'Italia artistica del tempo. Napoli, nuova capitale del Regno - prima provvisoria e poi, dopo la rivolta del Vespro, definitiva - viene gradatamente acquisendo con gli Angiò un ruolo culturale egemone che manterrà e anzi accrescerà nei secoli successivi. I Vespri siciliani, inoltre, producono dopo un secolo e mezzo di storia unitaria del Regno una frattura che finirà per caratterizzare in senso autonomo dal continente la produzione figurativa della Sicilia. La Sicilia è la base da cui parte il dominio aragonese sul Regno. Si accentuerà così la vocazione occidentale di Napoli, splendida capitale mediterranea.Nel corso del Trecento e del Quattrocento l'arte meridionale conserva comunque ancora, seppure affievolito, un suo aspetto policentrico, specie durante l'epoca che si usa definire tardogotica; l'incidenza della grande feudalità è fortissima, e contribuirà a mantenere una vivace articolazione culturale anche nelle province del Regno.Durante la dominazione angioina, inoltre, l'incombente presenza papale, che diventerà vera e propria tutela negli anni di Giovanna I, orienterà in senso decisamente religioso la committenza artistica, con un rovesciamento radicale delle scelte che avevano caratterizzato il «laico» governo di Federico II.
PIANO DELL'OPERA:
I. Dai longobardi agli svevi.II. Il Sud angioino e aragonese.III. Dal Viceregno spagnolo al Regno borbonico.
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