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Storia del secondo Tempio. Israele tra VI secolo a. C. e I secolo d. C.
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Descrizione


E' una storia di Israele che parte dall'esilio babilonese per concludersi con la distruzione del Tempio (70 d.C.). Il saggio privilegia il periodo in cui la Bibbia ha preso la forma attuale e nel quale si sono sviluppate nel mondo ebraico numerose tendenze in polemica fra loro fino alla nascita del cristinesimo. L'autore intreccia la narrazione storica con le dimensioni religioso-culturali di volta in volta caratteristiche di un'epoca e gravide di conseguenze per le generazioni successive.
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Dettagli

SEI
1994
1 marzo 1994
Libro universitario
XXII-529 p.
9788805053773

Voce della critica


recensione di Gianotto, C., L'Indice 1995, n. 1

Ancora una storia di Israele? - si potrebbe domandare, perplesso, qualche lettore, dopo aver scoperto che, sull'angusto mercato librario italiano, ne esistono in commercio già diverse altre, più o meno recenti, di autori italiani o stranieri, tutte di buon livello. In realtà, il volume di Paolo Sacchi presenta caratteristiche del tutto originali, che consentono di superare ogni perplessità. Innanzi tutto, l'impostazione. Sacchi non vuole tanto tracciare una storia della Palestina o del giudaismo nell'arco di tempo indicato, quanto piuttosto illustrare, inquadrare e discutere certi aspetti del pensiero giudaico precristiano, che possono servire a meglio comprendere le posizioni del primo cristianesimo. L'impostazione del lavoro in funzione della comprensione dell'origine del cristianesimo determina, in un certo senso, la delimitazione cronologica dell'opera e l'interesse prevalente per la storia del pensiero. È, infatti, nel giudaismo del Secondo Tempio che si formano e si sviluppano certe idee dottrinali e certi nuclei tematici destinati a svolgere un ruolo decisivo nella nascita del cristianesimo. A ragione, nella prefazione di R. Penna al volume, si parla di 'Geistesgeschichte'. All'autore non interessano esclusivamente o principalmente gli avvenimenti storici (politici, istituzionali, bellici, dinastici, economici, sociali, ecc.) del periodo preso in esame, quanto piuttosto la dinamica delle idee che hanno caratterizzato un'epoca della storia, nella fattispecie della storia di Israele. La preoccupazione costante è quella di intrecciare la narrazione storica con le dimensioni religiose e culturali di volta in volta caratteristiche di un'epoca, e gravide di conseguenze per le epoche successive. E questo avviene sia nelle prime tre parti, che sono costruite sull'esposizione dei fatti storici, sia soprattutto nella quarta e ultima parte, che rappresenta più di un terzo dell'intero volume, dove si affrontano esplicitamente questioni tematiche, dottrinali e di pensiero.
Per la ricostruzione di questa storia delle idee, gli scritti di quel corpus che i cristiani chiamano l'Antico Testamento sono senza dubbio utili, ma non sufficienti. La letteratura giudaica, soprattutto nel periodo del Secondo Tempio, si è espressa in numerosissimi scritti, che poi non sono stati recepiti nel canone della Bibbia ebraica. Si tratta del ricco e fecondo filone della letteratura cosiddetta apocrifa, ampiamente utilizzata in questo volume, letteratura che Paolo Sacchi ha il merito di aver fatto conoscere al grande pubblico promuovendone la traduzione italiana con un'iniziativa editoriale che ha conosciuto un buon successo. Ne risulta un quadro molto variegato del giudaismo, ricostruito su di una base documentaria molto più ampia del solito, che permette di valutare su basi nuove e più solide il complesso problema delle origini del cristianesimo. L'autore riassume le sue conclusioni in un capitolo breve, ma denso, intitolato significativamente "Gesù nel suo tempo", alla fine del volume: Se l'opera e il pensiero di Gesù vengono studiati e interpretati all'interno delle domande che si poneva la società giudaica del suo tempo e alla luce delle categorie in cui tale società esprimeva il proprio pensiero, la novità del personaggio ne risulta ridimensionata: ma l'originalità del suo messaggio e della sua azione, lungi dal dissolversi in una generica e indistinta "ebraicità", riacquista corpo e si rivela molto più articolata e complessa di quanto non si potesse immaginare.

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