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Anno edizione: 2020
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Un libro che smonta molti pregiudizi sulle foreste italiane. I boschi di oggi sono il frutto di una dinamica secolare condizionata dalle necessità socio-economiche di ogni momento storico. L'azione dell'uomo ha così modellato e modificato usi e composizione del bosco favorendo talvolta alcune specie, talvolta altre. Dopo aver letto qusto libro potrete vedere con occhi diversi i boschi che visiterete. Consigliato sia per gli appassionati di storia che di foreste e natura.
Il libro nelle prime pagine sostiene che il bosco italiano va considerato un manufatto. L'autore procede poi con una lunga serie di esempi, dal tempo dei Romani ai giorni nostri, che articolano in maniera convincente quest'affermazione: mostra infatti come il paesaggio boschivo italiano, almeno fino al secondo dopoguerra, tanto per le specie presenti quanto per le loro interazioni con il contorno, sia il prodotto delle attività, agricole, pastorali e industriali, oltre che della cantieristica navale, a cui è dedicato un capitolo specifico. Una premessa esplicita di questo libro è che ciò sia un valore aggiunto del paesaggio italiano, che ha sempre suscitato l'ammirazione dei viaggiatori stranieri. Sotto questo punto di vista, il rapporto italiano con il bosco è perciò agli antipodi della concezione germanica, alla base delle narrazioni dei fratelli Grimm o dei dipinti di Friederich, ma molto in consonanza con la selvicoltura tedesca razionalista dell'Ottocento. Infatti una premessa invece implicita, forse non chiara all'autore ma molto evidente, è che il bosco vada considerato, secondo la concezione illuminista, puramente come riserva di materie prime a beneficio delle attività umane (si veda il libro di Pogue Harrison "Foreste" per un approfondimento di questi temi). Non sfiora mai i pensieri dell'autore, se non come argomentazione strumentale alle sue tesi, l'idea che il bosco sia un ecosistema in cui anche altre creature hanno diritto di esistenza. A partire dall’ultimo dopoguerra questo aspetto è radicalmente mutato: da un «paesaggio verticale» (Sereni) con antropizzazione diffusa sulle pendici montane e collinari, si è passati all'urbanizzazione intensiva della pianura e di alcune aree limitrofe, a cui si è accompagnato l'abbandono di vaste aree montane, dove si sono formati estesi boschi spontanei.
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