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Recensioni Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa

Recensioni: 4/5

Ci sono stati periodi in cui Anna ci ha creduto, alla parità. Quella che va oltre le apparenze, “che premia indipendentemente dal genere, quella cui non interessa se sei truccata e come c’hai le gambe, e mette sullo stesso piano maschi e femmine”. Poi, però, come molte bambine e ragazze, puntualmente precipitava in quel bisogno, sempre lo stesso: essere vista, sentirsi preziosa. E, di fronte agli sguardi, alle mani, alle parole degli uomini, non riusciva a fare altro che cedere – spazio, voce, pezzi di sé. Abdicare al proprio corpo fino a sparire: come quella volta sul palco, lei che sognava di fare l’attrice e non riusciva a muovere un muscolo, divisa tra il desiderio di mostrarsi e il terrore di farlo davvero. Anche adesso, che lavora in radio e insegna in un master di giornalismo, l’istinto di ritrarsi per compiacere non l’abbandona mai del tutto. Poi, con i suoi studenti, si trova a discutere l’eredità del #MeToo a cinque anni dalla sua esplosione: da una parte loro, ventenni che scoprono la sessualità, dall’altra lei che ripensa al passato, a tutte le volte che ha ceduto. Quante sfumature diamo alla parola “consenso”? Quando possiamo essere sicuri che un “sì” non nasconda un’esitazione? Anna cerca colpevoli, ma non è sicura di potersi definire una vittima. Avrà bisogno di perdonare se stessa, guardandosi dentro con coraggio e onestà, per riuscire ad accettarsi e ad andare avanti.

Proposto da Simonetta Sciandivasci al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione:
«Anna è una giornalista italiana emigrata in Francia. Lavora in radio e in università, a Parigi. Ama insegnare. È sicura di tutto e non è convinta di niente. Dice sempre “cioè”. Convive con il ricordo, stemperato dalla sottovalutazione, di un abuso di quelli piccoli, consuetudinari, comuni abbastanza da essere stati considerati a lungo normali, quindi inevitabili: le carezze insistenti di un professore. Ha lasciato un marito che l’ha schiaffeggiata. Ha avuto molti uomini: tutti l’hanno desiderata, nessuno l’ha amata. Ha cercato di piacere a sua madre e assecondarne il progetto: crescere una figlia brillante, inespugnabile e integra. Michela Marzano ha scritto un romanzo sul consenso, il grande tema di questi anni, il punto di rottura e svolta che ha ripristinato la connessione tra intimità e politica, e che dalla domanda sul desiderio ci ha ricondotti alla domanda sul senso. L’unica guerra realmente intenzionata a stabilire un equilibrio. Marzano ha usato la letteratura per scardinare un’ambiguità costosa sul desiderio, nella quale ci siamo accomodati tutti: l’idea che quello che vogliamo sia impossibile da capire e che quindi sia inevitabile cedere a un’imposizione, lasciare che gli altri interpretino la nostra volontà. È un libro sbilenco e intenso, importante, decisivo: il primo che si avventura a raccontare lo squarcio che il #metoo ha portato nella vita delle donne, come ha cambiato le relazioni, come ha minato le certezze, le abitudini, il bisogno d’amore, come ci ha resi non sospettosi e sicuri, non giustizialisti e violenti, ma aperti e nuovi, infantili e diversi, premurosi e soli, disponibili, finalmente, a far tremare la nostra identità. Lo propongo perché il #metoo lo abbiamo sotto gli occhi da sei anni, eppure questo libro che lo racconta, lo spiega e lo umanizza, è sconvolgente come un articolo inedito, uno scoop terribile, come la rivelazione che risiede nell’apocalisse.»

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