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"Che cosa fanno gli americani quando espongono la bandiera a stelle e strisce (...) di che cosa parlano quando parlano di bandiera?". Ecco l'interrogativo dal quale questo bel libro muove. Nemmeno centocinquanta pagine dopo, al termine di un fitto quanto appassionante tour de force di riferimenti storici e letterari, l'interrogativo si rivela, in realtà, molto complicato, ma tale da poter essere padroneggiato, grazie alla chiarezza analitica dell'autore. Questi mostra, in maniera sobria e documentatissima, come uno storico possa combinare proficuamente sensibilità per il presente (l'11 settembre e l'intenso rigurgito patriottico che l'ha accompagnato al di là dell'Atlantico) e rigorosa ricerca delle sue radici, o comunque di sue chiavi di lettura, nel passato, ma senza mai confondere i piani fra le due dimensioni.
Scandito in quattordici capitoli, con frequenti incursioni in prima persona che, con la forza del parlato, forniscono ulteriore fluidità a un testo già brillante e scorrevole, il libro si lascia leggere come un romanzo. Ma, come si diceva, restituisce una storia densissima di eventi, attori e significati: una storia tuttora in svolgimento. Quella della bandiera è la storia di un "totem", sacralizzato in primo luogo "dall'alto, da un ceto di sacerdoti scelti allo scopo (...) i dirigenti delle istituzioni statuali, politiche e militari". Sicché non stupisce che siano le guerre - da quella civile, ai due conflitti mondiali e alla guerra fredda - ad alimentarne il culto, precisando i contorni di un simbolo e di una serie di rituali che sono in origine, in quell'età rivoluzionaria dalla quale il vessillo proviene, ancora alquanto sfumati e invero avvolti nei colori della leggenda. Infatti, "in realtà nessuno sa con sicurezza quando la bandiera a stelle e strisce fu disegnata, e da chi, e quando fu esposta per la prima volta". Sappiamo solo che il suo primo disegno fu approvato dal Congresso continentale, il governo provvisorio che reggeva le sorti delle tredici colonie ribelli, circa un anno dopo la Dichiarazione di indipendenza, nel giugno del 1777, secondo linee e colori, in seguito giustificati con mille capriole patriottiche, ma invero "adottati perché erano familiari (...) disponibili (...) perché insomma erano i colori della bandiera britannica".
Con estrema acribia Testi riannoda i fili che da questa prima, embrionale bandiera conducono, più di un secolo e mezzo dopo, durante la seconda guerra mondiale, a un vero e proprio flag code: ovvero una risoluzione congressuale che chiarisce sia come la bandiera deve essere fisicamente; sia, sempre, però, usando il condizionale (in ossequio alla forte tradizione federalista, di autonomia degli stati, propria del paese), come dovrebbe essere esposta: "Dall'alba al tramonto (...) non quando il tempo è inclemente (...) issata energicamente e ammainata solennemente (...) nel territorio degli Stati Uniti (...) sventolare più in alto di ogni altro vessillo oppure, quando è il caso, alla stessa altezza di altre bandiere nazionali".
Ma allora, come la mettiamo con la bandiera esibita in copertina, la Flag above White, volutamente "piatta, priva di contesto, di emotività, di aura" del maestro della pop art Jasper Johns? Oppure con quella, una camicia a stelle e strisce, indossata beffardamente, nel 1970, dinanzi al comitato della Camera per le attività un-American, dal leader del movimento controculturale Abbie Hoffman, che per questo finì dritto in galera? Esse fanno parte delle tante altre, non meno rilevanti, storie, non ufficiali, di apertura e di intransigenza, di esclusione e di protesta, che si intrecciano attorno alla bandiera. Tali storie fanno del vessillo anche l'"icona popolare di nazionalismi e patriottismi nati dal basso" e, ancora, l'"emblema militante di gruppi specifici di americani che rivendicano di rappresentare l'America non così com'è, ma come dovrebbe essere". Ovvero, un'arena di sacralizzazione e profanazione, che alimenta un'incessante dialettica di "ruba-bandiera", distesa fra libertà e impero, religione civile e religione politica, tuttora in pieno corso.
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