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Un testo eccellente. Finalmente si mette da parte l'individualismo "ontologico" che fa di singoli imprenditori e managers dotati di capacità geniali (poco più che un fenomeno ideologico e mediatico, in realtà) le uniche "sources" dei processi di innovazione. Mariana Mazzucato non nega affatto il ruolo del management, ma lo ridimensiona, inserendolo nel quadro di processi complessi, nei quali gli investimenti e i programmi pubblici in R&S hanno un ruolo fondamentale. Avversato fin dalla sua prima edizione dai fondamentalisti religiosi del mercato, fuori e dentro l'accademia (e in quest'ultimo caso, auspichiamo un rapido ricambio generazionale tra i ricercatori), descrive in modo realistico l'innovazione. Eccezionale l'esempio della rete DARPA, con la spiegazione dell'effetto di ricaduta tecnologica degli investimenti militari sull'economia nel suo complesso. Consigliato a chi è stanco dell'ortodossia mainstream.
Secondo il pensiero mainstream, lo Stato costituisce una palla al piede di un’industria privata efficiente che incarna la modernità. Mariana Mazzucato, riferendosi in particolare agli USA, si incarica di dimostrare che invece il privato sarebbe ben poca cosa in assenza di uno Stato “visionario” che, in tutti quei settori individuati come innovativi, si incarica di procedere a quegli investimenti senza i quali un’impresa privata non oserebbe inizialmente investire in settori ad alto rischio e a basso profitto in tempi brevi. Ne sono esempi Internet, le nanotecnologie, le biotecnologie, le tecnologie verdi, segmenti dell’industria farmaceutica. Oltre a capovolgere certi luoghi comuni, la studiosa sottolinea lo squilibrio e l’iniquità di un sistema in cui, a fronte di un impegno finanziario dello Stato, i profitti vengono privatizzati arricchendo pochi mentre le perdite ricadono sulle spalle della collettività.
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