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Quando si è costretti a scrivere tra virgolette la parola «cultura», vuol dire che la cultura è davvero mal ridotta. Quando la differenza fra la promozione turistica, mediatica, celebrativa e la cultura non viene più chiaramente percepita, vuol dire che la «cultura» trionfa. Quando di un libro, di una mostra, di un concerto non si parla più per dire ciò che rispettivamente sono, ma solo per discutere su quanto pubblico hanno attirato e con quali modalità, vuol dire che il senso dei libri, dell'arte e della musica si allontana in una nebbia indefinita. Tutto questo succede ogni giorno sotto i nostri occhi. E talvolta accade come oggi in Francia che sia lo Stato stesso a fomentarlo e amministrarlo, trasformandosi in imprenditore che gareggia in sontuosità e inventiva con l'imprenditore privato, con un gesto di apparente devozione alla cultura e una celata volontà di manomissione della stessa, per utilizzarla ai propri fini. In breve, tutto sembra congiurare perché venga dimenticata l'impeccabile intuizione di Jacob Burckhardt secondo cui lo Stato e la cultura sono potenze naturalmente nemiche e tali devono rimanere, per il bene di entrambe. Per valutare questo fenomeno, che è planetario ma assume forme diverse in ciascun paese (e ovviamente ben diverse da quelle francesi in Italia, dove lo Stato si è rivelato incapace perfino di garantire la sopravvivenza fisica delle testimonianze della cultura), occorre uno sguardo capace di abbracciare vasti insiemi, di riconoscere sia che cos'è la cultura sia che cos'è la «cultura». Marc Fumaroli ci è riuscito, con appassionata verve polemica, con solidissimo giudizio storico, con felice insofferenza. La sua analisi si concentra sulla Francia, risalendo alle origini di un fenomeno che si è manifestato platealmente negli anni di Mitterrand pur essendo già predisposto negli anni di Malraux. Ma il discorso va molto più in là e si applica a tutto quel sottile e onnipresente involucro di plastica che ci avvolge e tenta di soffocarci con le migliori intenzioni. Quell'involucro si chiama «cultura».
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