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Libro che analizza analiticamente il film di Kubric, un affresco accurato e preciso sui retroscena e aneddoti del film. Consigliato per appassionati.
Il libro offre un'analisi incredibilmente approfondita di uno dei primi film di Kubrick, film tra l'altro molto sottostimato (cosa che il testo aiuta a comprendere). Decisamente consigliato, scritto con competenza e cura, invoglia alla lettura di altri libri della stessa collana. Roberto Curti è autore di svariati altri testi di critica cinematografica, sia in italiano che in inglese, tutti caldamente raccomandati.
Ottimo studio analitico e ricostruttivo.
Recensioni
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Un nuovo titolo arricchisce la collana "Universale Film" di Lindau, che propone l'analisi di opere che hanno segnato la storia del cinema. Collana discontinua per definizione, sia considerando l'eterogeneità dei film e dei registi analizzati, sia in riferimento ai differenti approcci critici elaborati dagli autori dei testi.
Il libro di Curti incarna al meglio lo spirito di questa iniziativa editoriale, poiché offre nuova visibilità e accessibilità a un film solo apparentemente non di primo piano nell'opera di un grande regista quale Stanley Kubrick, non a caso tra i più presenti nella collana, con altri quattro titoli.
Pur risultando ufficialmente come terza regia del cineasta newyorchese, dopo il ripudiato Fear and Desire e il dilettantesco, secondo le parole dello stesso regista, Il bacio dell'assassino, The Killing, come suona in originale, è il primo film realmente kubrickiano, non solo per l'accuratezza della preparazione o per la complessità della costruzione narrativa, ma anche per l'identificazione di temi cari dell'autore, quali la dialettica tra logica perdente e casualità trionfante, l'impotenza umana nel comprendere la complessità del mondo, l'idea di labirinto come traccia non solo narrativa ma anche esistenziale.
Il libro si attiene alla griglia che caratterizza i vari testi della collana, che prevede la contestualizzazione storica sul regista e sul film, per poi concentrarsi sull'analisi testuale di una o più sequenze, offrendo infine un'antologia critica con varie recensioni o estratti. Curti ha il merito di affiancare al rigore analitico e alla ricchezza di informazioni una spiccata capacità interpretativa che rilegge il film di Kubrick non come oggetto statico del 1956, anno in cui fu realizzato, ma come spunto che permette di elaborare un discorso critico più ampio, sia sulla successiva produzione del regista che sulle influenze che l'opera ha avuto sulle generazioni più recenti.
In questo modo, il testo allarga continuamente le sue prospettive, pur partendo dalla genesi del film e dalla serrata analisi testuale delle sequenze: dalla ricostruzione del complesso meccanismo temporale, che all'epoca apparve spiazzante e inconsueto, alla dinamica tra l'estetica kubrickiana e gli stilemi del noir, da cui si discosta immediatamente pur assumendone le sembianze; dalla riflessione sulle valutazioni sfavorevoli espresse da Godard all'influenza che viceversa ha avuto su un cineasta come Tarantino, che in Le iene e Pulp Fiction omaggia direttamente il film di Kubrick.
In questo senso, Curti raggiunge quello che dovrebbe l'obiettivo di questo tipo di pubblicazioni: invitare a una nuova visione del film, utilizzando le tracce interpretative come stimoli per godersi una comprensione più complessa, ma senza rinunciare al piacere della scoperta.
Michele Marangi
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