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Anno edizione: 2019
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Intorno a ostakovič (1906-1975) esistono ancor oggi giudizi discordanti: chi lo ritiene un artista di regime, chi un oppositore disposto a compromessi, chi una figura sofferta del totalitarismo staliniano. Vedendo nella propria opera il «restauro di un'icona», Solomon Volkov, che di ostakovič fu amico personale e ne curò le memorie (1997), pone in evidenza il torto di quanti lo ritengono il cantore dello stalinismo per il semplice fatto che omaggiasse formalmente Stalin e venisse talvolta premiato. Individuando, certo con qualche forzatura, nella diade Stalin-ostakovič un perfetto esempio storico del perenne contrapporsi fra il vero artista e il tiranno, Volkov ricostruisce in toni appassionanti la straordinaria vicenda di un lungo duello. Paradigma del «folle santo» della tradizione russa, che denuncia quanto altri non osano dire, ostakovič - giovandosi dell'ambiguo mezzo musicale - rappresentò l'anima della sua patria nelle cupe e terribili emozioni vissute sotto la dittatura. L'abilità di Volkov consiste nel richiamare sia i «vacillamenti tattici» del rapporto di Stalin con la cultura, che era agli occhi del dittatore georgiano uno strumento di dominio politico, benché egli non avesse un piano predefinito per rifondarla, sia le citazioni presenti nelle opere del suo più o meno dichiarato antagonista, sottoposte a un attento lavorio di scavo. Vi si mette così in evidenza quello che l'autore chiama il «ricco contenuto latente» di questi giri di note, tesi ad esprimere un tragico e prolungato inabissarsi dell'umanità in un grande paese. Daniele Rocca
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