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"Lo specchio attento", romanzo d'esordio di Silvio Raffo, scritto in una stagione molto giovane, è il frutto di un Sé che contiene e porta alla luce le immagini dell'inconscio potente intramato di particelle altrettanto potenti di poesia. La scrittura piana, agile, in nessun modo può essere confusa, licenziata con il termine "facile", poiché il fraseggio semplice è l'esito felice di una chiarezza che si fa strada nelle stanze oscure dell'inconscio determinato a mostrare, in una sferzante confessione, le dinamiche che elargiscono al Sé le incoercibili forme del pensiero immaginale e dell'intelletto poetante.
VERSIONE 1 Lo specchio attento è un romanzo da leggere lentamente ma tutto di un fiato. Ci avvolgerà in una atmosfera misteriosa, data dal percorso interiore di Giorgino, un adolescente che sente dentro sé richiami e trame parallele alla propria vita. Il quotidiano scompare e riaffiora. Come quando si passa davanti ad uno specchio che in sé ha il mistero del doppio e del rovescio . La vita è fatta di pezzi. Un fantasma che si manifesta nelle prime pagine sembra annunciare questa impossibilità di interezza. Giorgino si sente crescere, mutare, non sa quanto. Nasce in lui un mondo di volti e parole. Ma sono reali? Quali mondi ci attraversano? E quanto possiamo coglierne l'essenza, se non frammenti? Solo davanti a un morto percepisce nella fissità assoluta l'armonia totale. Lo specchio regalato a sua madre è rivelatore e testimone di questa complessità. Ogni pagina porta fluidamente dentro a paesaggi e momenti di vita ma sono frame di un film che ha una doppia pellicola e ancora un'altra: quella del sogno. Lo stile di Raffo è inconfondibile, sì porta tracce di gotico, di thriller, ma è un narrare totalmente personale; se fosse pittura sarebbe un cubismo sfumato ( mai realizzato in arte ), se fosse cinema sarebbe un ologramma ( non sufficiente la bidimensionalitá della pellicola ) , se fosse scienza sarebbe quantica. Tra le pagine vi sono stratificazioni piani sovrapposti e prospettive intrecciate, vi sono più vite sempre in una e l'attesa di una rivelazione. No. Non è definibile in una corrente precisa o in un genere. Raffo è il piacere e il brivido. Chiudi il libro e per un momento vacilli, sei sull'orlo di un abisso e del cielo, confinanti, interscambiabili.
Quanto un riflesso può dar luce a quell’ombra che ci vive dentro? E quanto la speranza, che accenda quel giorno in cui capiremo realmente chi siamo? Quale sia l’oggetto che ci riflette, come una voce ci attraversa, e siamo noi ad essere impalpabili nel riconoscerci, vivi. O nel scoprirci l’altro inconsciamente, e come unica possibilità di sopravvivenza, trascenderci ancora. È un gioco che prosegue, quando il protagonista scopre che è il legame con la madre a porlo davanti a sé, in una continua fuga da una routine lasciva, quasi subita. Uno sguardo verso le statue di quei poeti del Romanticismo che, figurati, riposano nel giardino dell’amata zia, quasi a rassicurarne lo splendore e i tetri presagi. Ester, l’alter ego del nostro, è la vera voce della storia, che va e viene dal suo mondo fino a risolvere nel delitto quello di Giorgino, figlio e madre trasfigurata allo stesso tempo. La poesia sgorga fra la trama di un ricamo che delinea lo specchio trovato nella camera da letto della madre, e i contorni di un ritratto, che narciso si risolve nel nulla. Affascina la maestria nel percorso in cui l’autore conduce e abbandona il lettore che perso ammira il suo stile e, vinto, ne accetta quella carezza poetica del sopravvivere. Allo specchio, infine, non sfugge, nessuno.
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