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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2016
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Era il 4 giugno 1993 quando al Forum di Assago Milanofiori assistetti alla performance live dei Depeche Mode, tappa italiana del Devotional Tour. L'indubbia capacità di coinvolgimento del folto pubblico da parte della band britannica rappresentò per me, avvezzo ad un sound più ritmato, veloce, potente ed aggressivo, una sorpresa piacevole, quantunque non inaspettata. Oggi, a pochi giorni dalla prematura scomparsa di Andrew ‘Fletch’ Fletcher, uno dei tastieristi del gruppo mi piace ricordare quella serata, come pure questo «Speak and Spell» (1981) album che ne segnò l’esordio e che, pur non esente da difetti ed ingenuità, costituì un significativo momento di affrancamento da parte di un intero movimento dalle sonorità del decennio precedente. I Depeche Mode seppero infatti farsi interpreti di quelle istanze imposte dal montante clima di edonismo e positività degli entranti anni Ottanta che premevano per un netto sganciamento dalle tendenze che avevano polarizzato il decennio precedente: il corrosivo ribellismo contestatario del punk politico da un lato e le contaminazioni soul, R&B, funk, afro e latine della disco music dall'altra. Gruppi come Duran Duran, Human League, Alphaville e OMD portarono a termine le intuizioni più innovative ed originali di Roxy Music, Ultravox e Kraftwerk, dando vita in tal modo all'autentica novità degli ‘80: il synth-pop, ossia una sintesi di new wave e pop eseguita interamente (melodia, ritmo ed arrangiamento) con il sintetizzatore dall'approccio easy-listening e dancefloor oriented, portando così a compimento il riflusso dei punk dagli squats ai night club. Alfieri di questo genere furono appunto i DM che con «Speak & Spell» realizzarono uno dei primi manifesti della nuova tendenza. Le hit dell’album sono: «Dreaming of Me», «New Life» e, naturalmente, «I Just Can’t Get Enough», brani dai ritornelli orecchiabili e futuristi, frutto della penna di Vince Clark, mentre «Tora! Tora! Tora!» e «Big Muff» furono composte da Martin Lee Gore.
Un buon primo album, dove emergono già i tratti che poi diverranno più marcati e distintivi della band.
Recensioni
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