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Nel prendere in esame la produzione artistico-culturale di fine secolo - con i suoi grandi fermenti e i suoi grandi sconvolgimenti - è emersa l'esigenza di una nuova definizione storiografica che consenta una collocazione funzionale di correnti artistiche e filosofiche e - soprattutto - consenta di seguire i fili (rossi o neri che siano) che collegano tali movimenti alla situazione attuale. Il libro si propone di analizzare i personaggi e i movimenti che si sono collocati negli "spazi intermedi", intesi non solo e non tanto come zone di confine in senso territoriale, quanto piuttosto come zone di interscambio culturale e disciplinare, come tentativi di "superamento" degli ordini mentali e culturali costituiti. Ma l'ipotesi di una trasmutazione di tutti i valori e di tutti i linguaggi artistici non sarebbe stata concepita senza il pensiero di Nietzsche. Gli autori che hanno operato in questo ambito erano perfettamente coscienti di vivere in un periodo di transizione: la forte spinta verso la modernizzazione comportava la rivoluzione delle forme di vita e pensiero, la "trasvalutazione di tutti i valori", persino il cambiamento materiale degli oggetti quotidiani. questi autori possono essere definiti "classici" del moderno nel doppio senso che hanno cercato di recuperare qualche elemento della tradizione culturale da "trasportare", da "trascrivere" nella modernità, ma anche nel senso che loro operazione - a quasi un secolo di distanza - è ormai diventata "classica": un paradigma in un'epoca di transizione. Gli autori qui presi in esame hanno disperatamente tentato di "crearsi uno spazio", sia in senso topografico che nel senso di uno spazio di azione artistico-intellettuale che fosse però, nel contempo, uno "spazio vitale". Questi spazi di transizione sono nel contempo - nietzscheanamente - spazi di distruzione e spazi di produzione artistica.
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