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Spagna 1936-1939. Politica e guerra civile - Lucio Ceva - copertina
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Spagna 1936-1939. Politica e guerra civile
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Spagna 1936-1939. Politica e guerra civile - Lucio Ceva - copertina

Descrizione


Nel luglio 1936 l'attenzione mondiale si concentra sulla Spagna: un golpe militare fallisce a Barcellona, a Madrid e in metà del Paese sopra tutto per il valore di sindacati e partiti popolari (armati dal governo repubblicano) e di pochi reparti rimasti fedeli. È sbarrata la strada al fascismo che aveva trionfato in Italia, Germania e in altri Stati europei dopo aver dominato già una volta la Spagna (1923-1930) e minacciato la Francia nel 1934.
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Dettagli

2010
23 novembre 2010
456 p., Brossura
9788856825794

Voce della critica

La vita e gli scritti di Lucio Ceva, stimato specialista di storia militare, si sono intrecciati in diverse occasioni con la storia spagnola contemporanea. Il presente lavoro è collegato a un'esperienza personale: nel 1947, in pieno franchismo, trascorse vari mesi a Barcellona. Da qui scaturì una particolare attenzione nei confronti di un paese tormentato, ma ricco di utopia. Nell'analisi del 19 luglio 1936, data del golpe dei generali ribelli alla Repubblica, Ceva non ha timore di ricorrere, tra l'altro, alla testimonianza degli zii che assistettero a un importante scontro violento al centro della metropoli e l'evento viene narrato con un ritmo coinvolgente. Come Abel Paz, in Spagna 1936. Un anarchico nella rivoluzione (Lacaita, 1998), l'autore rievoca un'atmosfera da "festa della rivoluzione" tra i combattenti civili, e non solo, sulle barricate antifasciste e libertarie.
Uno dei temi centrali del sostanzioso volume è quello del "doppio potere" (il forte Comité delle milizie e il debole governo autonomo della Generalitat) esistente a Barcellona, per alcuni mesi, dopo la sconfitta dei golpisti. Secondo Ceva, la situazione era sostanzialmente in mano agli anarchici armati che seppero sconfiggere un esercito di professionisti basandosi su milizie operaie volontarie e improvvisate. Esprime peraltro un'aspra critica alle violenze in Catalogna, soprattutto anticlericali, considerate in fin dei conti controproducenti. Ci ricorda altresì che nell'anarchismo spagnolo, come nelle varie correnti antifasciste, si manifestarono tendenze contrastanti. Le gravi esigenze della guerra spinsero esponenti di primo piano, quali Juan García Oliver, a subordinare le rivendicazioni operaie alle necessità urgenti delle industrie degli armamenti.
L'autore esalta la "figura imponente" del socialista Juan Negrín, capo del governo dal giugno 1937 e artefice del motto resistir es vencer. Egli cercò lucidamente di prolungare la guerra civile per poterla associare a quella mondiale di cui intuiva i prodromi. Negrín ricevette molte critiche, anche nella storiografia, come presunto strumento dei comunisti, ma il suo obiettivo era solo quello di difendere la Repubblica, "prima luce di Spagna moderna nel buio politico dei secoli".
L'attraente volume non trascura l'anarchico Camillo Berneri, che vedeva la soluzione dei contrasti strategici interni nella "guerra rivoluzionaria". Questa avrebbe mantenuto le conquiste dei primi mesi, soprattutto le migliaia di collettività libertarie rurali e urbane, concreto esempio del modello di vita sociale per il quale il popolo spagnolo avrebbe potuto dare il meglio di sé nella lotta armata antifascista. Non poteva inoltre mancare una riflessione sul pensatore e uomo d'azione forse più idealmente vicino a Ceva: Carlo Rosselli. Tra i primi ad accorrere a difesa della Spagna democratica, il leader di GL accolse di buon grado la collaborazione degli anarchici italiani esiliati in Francia e insieme sostennero, già alla fine dell'agosto 1936, la prima battaglia dei volontari internazionali. L'autore ricorda comunque che Rosselli, nel breve ritorno in Francia dove fu ucciso nel giugno 1937, accettò in pieno la logica dell'Ejercito Popular,ritenuto più efficiente delle milizie.
D'altra parte, la classe dirigente repubblicana, secondo Ceva, si trovò costretta a rincorrere le democrazie occidentali praticando una sorta di ipocrisia ufficiale fondata sulla negazione di ogni avventura rivoluzionaria che poteva compromettere l'auspicato intervento francese e inglese. Il volume presenta inoltre la rapida ascesa del Partito comunista spagnolo anche come conseguenza della sua esplicita difesa della piccola e media proprietà: esattamente il contrario dei tentativi di socializzazione degli anarchici.
Nella seconda parte del testo si pubblicano alcuni saggi, tra cui un paio di efficaci recensioni ai quattro tomi editi dallo stato maggiore dell'esercito italiano. L'autore riserva poi particolare attenzione a due opere che hanno rotto quello che definisce "un lungo silenzio sull'anarchismo spagnolo": l'ormai classico e straordinario reportage Omaggio alla Catalogna di George Orwell, a cui si ispira, in parte, l'emozionante film Terra e libertà di Ken Loach. Entrambe stimolano acute riflessioni sulle "pagine fra le più oscure dei drammi interni alla sinistra", però da leggere insieme ai "momenti alti dell'azione comunista".
Al termine del suggestivo "viaggio spagnolo", al di là delle frequenti considerazioni di realismo politico, Ceva riprende l'affermazione del protagonista di Terra e libertà, un militante del Poum, partito marxista antistaliniano represso nel maggio 1937. Al termine del racconto filmico, costui proclama con irriducibile ottimismo che "le rivoluzioni sono contagiose". Sembra che la Spagna del 1936 offra tuttora, anche allo storico maturo, spunti preziosi per un progetto politico di liberazione e giustizia sociale.
Claudio Venza

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