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Questo denso volume approfondisce e problematizza, a partire da una prospettiva a metà strada tra la storia delle istituzioni, nonché tra la storia costituzionale e la storia delle idee politiche, la controversa parabola percorsa dall'istituto monarchico di fronte alla progressiva affermazione, nel XIX secolo, dei sistemi costituzionali e rappresentativi. Più precisamente, lungi dal limitarsi a ripercorrere le vicende di questa o quella casa regnante, i saggi qui raccolti mettono a fuoco, in chiave comparativa, soprattutto due temi cruciali: quello dei processi di rilegittimazione (simbolica e funzionale) dell'istituto monarchico in rapporto all'inesorabile imporsi della nozione democratica di cittadinanza e quello dell'evoluzione degli equilibri di potere tra sovrano, governo e rappresentanza in relazione al mantenimento o meno di alcune prerogative regie, quali, ad esempio, quelle relative alle questioni militari e agli affari esteri.
Nell'insieme emerge dunque un panorama estremamente variegato, in cui, nonostante le pur significative anomalie rappresentate dai casi francese, russo e austro-ungarico, è tuttavia possibile individuare una tendenza di fondo, consistente nella progressiva attribuzione al monarca in virtù di un "compromesso fruttuoso" ma anche altamente "problematico" di un potere neutro, garante della stabilità dell'ordine politico, così come di un'importante funzione integrativa, in quanto centro simbolico e morale della nazione. Come dimostra emblematicamente il caso inglese, la vicenda dell'istituto monarchico potrebbe essere perciò riassunta nei seguenti termini: tra la Rivoluzione francese e le guerre mondiali, quasi tutte le monarchie europee reagirono alla perdita di alcuni poteri fondamentali, puntando, nel corso di un difficile processo di contrattazione, sul mantenimento, sul rafforzamento e sull'acquisizione di altri poteri, in forza di quella nota formula secondo cui "il re regna, ma non governa".
Il punto di partenza delle riflessioni qui svolte dai vari autori, tra cui Volker Sellin, Pierangelo Schiera, Maurizio Griffo, Fulvio Cammarano e Paolo Pombeni, coincide naturalmente con il 1789, a seguito del quale andò in frantumi, come noto, il vecchio ordine politico e, con esso, la tradizionale legittimità monarchica fondata sul diritto storico, dinastico e divino. Da quel preciso momento, le case regnanti europee dovettero infatti cominciare a far fronte non tanto al depauperamento, quanto piuttosto alla riconfigurazione delle proprie competenze e quindi iniziare a misurarsi sempre più con la necessità di ottenere il "consenso" dei propri sudditi-cittadini, ricorrendo a nuove fonti di legittimazione, che, a seconda dei contesti e con esiti molto diversi, furono individuate nei successi militari e nell'efficienza burocratica, come in Prussia, nella promozione delle idee liberali e progressiste, come nel pur controverso caso di Isabella II di Spagna, nella difesa della costituzione e della compattezza nazionale, come in Italia e in Gran Bretagna, nell'instaurazione di un rapporto diretto e non mediato con il popolo, come nel caso dell'impero plebiscitario di Napoleone III, o infine nella risacralizzazione della propria immagine, come nel caso russo. Federico Trocini
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