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"I sotterranei" è un libro che si scola come una birra gelata a canna dalla bottiglia; è, al tempo stesso, refrigerio e torcibudello. Né l'uno né l'altro sono semplici da spiegare e se proprio lo vuoi fare, allora Ask the Dust*; ma quello che è certo è che dà un gran senso di spontaneità, capacità di improvvisazione e libertà di espressione narrativa che agiscono in profondità; poliritmico e sincopato come il jazz. E sa di verità, ecco... cruda e semplice verità: c'è la rapsodia di Thomas Wolfe; c'è il John Fante della Lost Generation (*Chiedi alla polvere) destrutturato e traslato nella Beat Generation. Credo che Kerouac sia ben di più dell'autore cult di "Sulla strada" per il quale è soprattutto famoso e oltre il quale il lettore medio raramente si spinge. Non è stato un colpo di fortuna e lui, sobrio, ubriaco o chimicamente alterato che fosse, sapeva scrivere davvero. "Forse il suo maggior contributo alla letteratura americana è proprio il coraggio che egli inspira ad altri scrittori. Dopo aver letto Kerouac è difficile ritornare a scrittori come Dos Passos, Hemingway, Steinbeck... o anche... anche al sottoscritto". Henry Miller Milano, 15 giugno 1960
“Ero una volta giovane.” Incipit indimenticabile
Sullo sfondo di una San Francisco caotica e piena di eccessi si svolge e si perde un amore tormentato: da un lato Mardou, con i suoi problemi e la sua instabilità, con la sua incomunicabilità; dall'altro Leo-Kerouac, con il suo bisogno di benessere e stabilità in contrasto con la sua inaffidabilità pratica ed emotiva. Si attraggono e si respingono, si rincorrono e si allontanano, incapaci di portare avanti la loro storia d'amore: quando "la distanza è il sentimento", infatti, una storia d'amore non può funzionare, neanche forzandola. Una dolorosa ma bellissima confessione, lettura consigliata per chiunque si sia ritrovato almeno una volta a voler portare avanti a tutti i costi una relazione intensa ma deludente.
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