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Il sortilegio della paura della superstizione, dell'amore. Tre storie che ci raccontano i prodigi dell'animo umano
Tre nei segnavano la sconosciuta sulla gota destra, come tre stelle oscure su un cielo color del latte
Mentre infuria la peste del Seicento, una bambina cresce in totale solitudine nel cuore di un bosco e a sedici anni è così bella e selvatica da sembrare una strega e far divampare il fuoco della superstizione. Un uomo si innamora delle orme lasciate sulla sabbia da piedi leggeri e una donna delusa scaglia una terribile maledizione. Il profumo di biscotti impalpabili come il vento fa imbizzarrire i cavalli argentini nelle notti di luna. Bianca Pitzorno attinge alla realtà storica per scrivere tre racconti che sono percorsi dal filo di un sortilegio. Ci porta lontano nel tempo e nello spazio, ci restituisce il sapore di parole e pratiche remote – l’italiano secentesco, le procedure di affidamento di un orfano nella Sardegna aragonese, una ricetta segreta – e come nelle fiabe antiche osa dirci la verità: l’incantesimo più potente e meraviglioso, nel bene e nel male, è quello prodotto dalla mente umana. I personaggi di Bianca Pitzorno sono da sempre creature che rifiutano di adeguarsi al proprio tempo, che rivendicano il diritto a non essere rinchiuse nella gabbia di una categoria, di un comportamento “adeguato”, e che sono pronte a vivere fino in fondo le conseguenze della propria unicità. Così le protagoniste e i protagonisti di queste pagine ci fanno sognare e ci parlano di noi, delle nostre paure, delle nostre meschinità, del potere misterioso e fantastico delle parole, che possono uccidere o salvare.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Tre racconti da leggere tutto in un fiato. Interessanti le note.
Tre racconti, di diversa lunghezza e registro stilistico, accomunati da tre distinti "sortilegi", che l'autrice ha creato prendendo spunto da realtà storiche o oggetti (molto interessanti, a questo proposito, le note poste in fondo ai capitoli); è un libro piccino che si legge in fretta, ma che sa ammaliare. Perfetto per le fredde serate autunnali e invernali.
Un libro, come tanti, scritto da una donna su donne per le donne? No. Sarà banale, ma sono rimasto “stregato” dal libro, specie dal primo racconto; in realtà è la narrazione a essere “ammaliante”, effetto insieme della forza delle storie, dei personaggi e della scrittura. Insomma la Pitzorno narratrice per adulti funziona, eccome. La sua scrittura mi pare solo un po’ approssimativa qua e là (a essere severi): nel primo racconto suona un po’ incongrua la narrazione in lingua moderna alternata a quella “in stile”, quest’ultima peraltro molto verosimile; nel secondo scritto, anche questo magico, misterioso a lungo persino nell’ambientazione geografica e storica precisa, il finale è un po’ affrettato, o, meglio, già implicito; il discorso è poi programmaticamente ripetitivo nel terzo racconto, il più breve e fuggevole; un po’ verbose infine le annotazioni ai tre testi. …Insomma, che fine hanno fatto gli editor? Ma alla fine, chissene. Il fascino di questo libro sta soprattutto nel tono favoloso e concreto insieme del primo, lungo racconto: ci avverti il realismo di una narrazione storica, attenta al dettaglio geografico, a quello d’epoca, a quello tratto dal mondo naturale o contadino; eppure il testo ha anche l’essenzialità definitiva della favola nera, con richiami programmatici a fiabe effettivamente tremende come Cappuccetto Rosso e Pollicino. Ma non sai se prevale più l’effetto ipnotico della fiaba o la verosimiglianza, godibilissima. Tanto efficace, quest’ultima, che a lungo ho pensato si trattasse di una storia vera; qualche dubbio mi è sorto solo leggendo alla fine del processo intentato alla strega, con una presunzione di colpevolezza preconcetta e auto-rinforzante, laddove gli inquisitori ebbero sempre fama di meticolosità e scetticismo. Un appunto alla Bompiani, che ha abbondato in pagine bianche e caratteri per ipovedenti per giustificare il prezzo di copertina, accanto a cui si legge pure un bel “Romanzo Bompiani”.
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