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In questa raccolta di racconti, Sosa Villada si conferma un’autrice dallo stile unico, audace, e dalla versalità non comune, capace di affrontare con serietà e insieme un filo di leggerezza i temi più urgenti del nostro tempo.
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Di Camila Sosa Villada avevo già letto il suo esordio nel panorama italiano firmato sempre BUR (Le cattive, 2011), e sono stato incuriosito di leggere anche questa seconda pubblicazione, Sono una pazza a volere te (BUR, 2024) che è una raccolta di racconti che tesse la traiettoria e l’interesse sempre verso il mondo trans. «Tre mesi dopo, la figlia trans di Don Sosa e La Grace, ovvero io – nella scrittura è inutile mascherare una prima persona perché i testi cominciano a soffrirne dopo tre o quattro capoversi –, debuttava con lo spettacolo Carnes tolendas. Perché oltre a piacermi fare la puttana, mi piaceva il teatro». «Era una bellezza. E voi direte: come fa una vecchia prostituta nera , alcolizzata, senza denti, ex carcerata, eroinomane , decrepita a essere una bellezza? Ah, vi dirò io...di vecchie puttane come quella ne abbiamo conosciute tante, come abbiamo conosciuto ladies stupende, ovvio, migliaia di donne così, ma mai belle quanto Billie. Due ragazze come noi, lo sapete, " due ragazze davvero speciali", come eravamo solite dire ai ragazzoni che ci interrogavano su quello che avevamo fra le gambe, ragazze di notte e timidi finocchi di giorno, non avevano molte opportunità di conoscere un altro genere di donna. Le nostre amiche erano vecchie puttane, sdentate, ridanciane e pungenti come il peperoncino habanero». Una raccolta molto eterogenea, con uno stile sempre diretto e crudo, anche molto colorito, dove violenza, soprusi, criminalità, solitudine e qualche volta anche ironia fanno capolino tra le pagine. Raccolta piacevole, ma per me non eccelsa, dove spesso prevale l’eccesso e l’esasperato a favore dell’equilibrio e del non essere eccessivamente sempre “oltre” perché il contesto o l’immaginario dei soggetti narrati lo richiederebbe.
Recensioni
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