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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
ad una prima lettura noiosetto. ma probabilmente merita più attenzione
Un gran bel libro,una stella in meno per la gran fatica che si fa a leggerlo.Una miriade di personaggi ti fanno perdere il filo del racconto .
Mentre medito sui misteri del cosmo, sopportandone il peso, avverto molta energia provenire da questo libro. Una saga famigliare agli steroidi, con tanto di eroi e supereroi. Un gran bel leggere. Davvero.
Recensioni
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I fan di Mordecai Richler troveranno in Salomon Gursky è stato qui una sorprendente gatta da pelare: pubblicato in inglese nel 1989 e ora in Italia nell'impeccabile traduzione di Massimo Birattari, il romanzo ha una struttura tanto ardita e complessa da esigere lettura attenta e buona memoria. Si tratta di una sorta di epopea moderna che abbraccia ben due secoli di storia, attraversando culture disparate (dalla mitologia Inhuit al Talmud), mentre racconta con realismo cronachistico e visionario al contempo la saga dei Gursky, emigrati nell'Ottocento dalla Russia in Canada, attraverso un favoloso passaggio dello stretto di Bering. Il capostipite Ephraim avrebbe partecipato alla spedizione a Nord Ovest di Lord Franklin, ma tutto ciò che accade nel racconto potrebbe anche non essere accaduto. Di certo si sa soltanto che questa dinastia di ebrei truffaldini, ben degna del ghigno "politicamente scorretto" di Richler, ha costruito, a forza di imbrogli spettacolari, l'impero finanziario più imponente che il Canada letterario abbia mai conosciuto.
Come tanti romanzi ottocenteschi, il libro si apre con un albero genealogico che ricorda al lettore i rapporti di parentela dei numerosi membri della famiglia, ma si tratta uno specchietto per allodole perché i personaggi che accalcano la scena sono talmente tanti che una lista delle dramatis personae sarebbe tornata più utile. L'impianto del romanzo si ricollega alla tradizione narrativa del XIX secolo anche per la minuziosa descrizione di ampi spaccati sociali, per la fotografica resa visiva di persone, ambienti e costumi, per la capacità di tessere trame multiple e di inserirle in vasti affreschi storici. Ma la struttura narrativa rimane assolutamente moderna ed è talmente bizzarra da assomigliare solo a se stessa. La trama è come un puzzle che il narratore costruisce incastrando tasselli di storie in modo casuale. L'asse temporale è squinternato perché i fili del racconto si intrecciano seguendo spesso una logica capovolta che antepone il dopo al prima, l'effetto alla causa. Quando i personaggi entrano nella storia sono in genere colti in media res e il loro vissuto viene svelato seguendo un movimento a ritroso. Questo giustifica le ripetizioni, le messe a punto, il ritorno di indizi e di immagini simboliche.
Il modo di raccontare del narratore segue il caotico indagare di Moses Berger sul mistero della vita e della morte di Salomon Gursky, moderno Ebreo errante, sfuggente e proteiforme come un dio pagano. Moses assembla fonti e documenti alla rinfusa per scrivere la biografia di Salomon, apparentemente scomparso in un incidente aereo ordito dal fratello Bernard. Ma Salomon muore più volte, o forse mai, e assume diverse sembianze e false identità. Baro e benefattore, è come circondato da un'aura di satanismo e di santità. Ha partecipato alla Lunga Marcia di Mao, è stato complice dell'attentato a Hitler, è stato implicato nello scandalo Watergate: le sue imprese reali o presunte sembrano illimitate e tali le fa sembrare Moses, che è un "detective" inaffidabile e confusionario. Il lettore viene costretto nella sua stessa difficile posizione: quella di ricostruire i fatti e di cercare la verità. Un compito avvincente perché la varietà dei modi narrativi (dal mito all'epos, dal romanzo picaresco alla detective story), e il camaleontismo del linguaggio (dal tono epico al registro triviale) trasformano il percorso in un travolgente viaggio dell'immaginario che fa chiudere un occhio sulle falle della macchina narrativa.
L'esuberanza affabulatoria va infatti a discapito dell'equilibrio formale e spesso assume il carattere di ridondanza; lo sviluppo dei plot manca di linearità e di chiarezza, anche perché tra una fase di una vicenda e l'altra possono intercorrere anche duecento pagine. Questa volta Richler ha strafatto davvero, ma in modo sempre geniale. Il suo sarcasmo irriverente, le sue colte riflessioni spesso lasciano spazio a visioni oniriche, come se fosse rapito o forse anche ossessionato dal fascino irresistibile del suo eroe ubiquo e immortale, che si trasforma e si rigenera come la scrittura stessa.
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