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scheda di Giacomasso, S., L'Indice 1993, n. 6
La lettura del libro di Catucci, l'inviato del Tg2, grande conoscitore dell'America latina, rafforza la convinzione che, oggi più che mai, parlare di Cuba implica una scelta di campo. Ed è evidente che Catucci non si schiera a fianco del governo cubano. Questo è un momento di notevole interesse per Cuba, sia per la particolare posizione che essa occupa nel mutato contesto internazionale, sia per il venticinquesimo anniversario della morte del "Che". Come già altri, anche Catucci si propone di rispondere ai dubbi sul futuro dell'isola e di Castro; lo fa attraverso le testimonianze che raccoglie, quasi tutte di dissidenti a vario titolo. Il fulcro stesso del libro è il racconto, non verificabile, di un tal Horacio, intellettuale disilluso, che Catucci protegge con uno pseudonimo per "ragioni di sicurezza". Ipotesi di questo Horacio è che l'allievo (Castro) ha superato il maestro (Batista), almeno per quanto concerne l'annullamento dell'opposizione interna; il reportage è appunto in gran parte occupato dal parallelo tra le due vicende politiche. Per quanto faziosi, gli stessi interlocutori di Catucci sembrano però quasi tutti riconoscere l'inscindibilità delle sorti di Cuba e del suo 'lider maximo', e il ruolo che a quest'ultimo resta ancora da svolgere. Comunque, questo libro ha sicuramente il grande merito di fornire molte informazioni sul Castro "pubblico" e "privato", un personaggio che continua forse a essere più amato o odiato che conosciuto.
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