Dina Rubina conosce l'arte dell'affabulare. Se è vero, come ha dichiarato in un'intervista al canale russo "Cultura", che la sua aspirazione è di tenere in pugno il lettore, non si può non riconoscere che ci riesce perfettamente. Nelle sue opere tutto è semplice e al tempo stesso complicato. Leggendo uno qualsiasi dei suoi libri, nel giro di poche pagine si entra nella vita dei personaggi al punto che sembra di poterli toccare. È quello che accade anche con questo romanzo, il cui titolo originale, "Sul lato soleggiato della strada", di gran lunga più appropriato del fuorviante e un po' melenso Il sole dolce dei ricordi scelto per l'edizione italiana, riprende quello della celebre canzone On the sunny side of the street, cantata, tra gli altri, da Luis Armstrong.
Questo romanzo, il primo tradotto (peraltro molto bene) in italiano, si inserisce nella tradizione della prosa psicologica russa e diventa l'affresco di un'epoca. Rubina, scrittrice molto nota in Russia, rievoca l'atmosfera di Takent, la città dove ha trascorso l'infanzia e la giovinezza, ricreandone i colori (la luce accecante del sole che si riflette sulle palazzine bianche, gialle e rosa del centro), gli odori (il profumo quasi struggente del cumino) e i suoni. A quell'epoca, pur nella miseria del dopoguerra, la città usbeca era un vivace bazar dove si commerciava di tutto e si coltivava l'arte del mercanteggiare. Era una vera e propria "arca di Noé" in cui convivevano armeni, ucraini, ebrei, tatari e russi mescolando lingue, usi e culture. In estate e in autunno si viveva nei cortili, portando fuori tavolini, sgabelli e il samovar, e la notte si dormiva sui tetti per sottrarsi all'afa.
Ripercorrere, sia pure solo con il pensiero, le strade della città natia, "luogo di ricordi", ma anche di "meschinità, vergogna" e "vana dissipazione di forze" è, come scrive Kafka in una lettera ricordata nell'epigrafe del romanzo, un processo difficile e a volte doloroso, ma che ha anche una funzione catartica, liberatoria. Ed è nella chiave della catarsi finale che vanno interpretate le vicende del libro, tutto giocato sul confronto tra due donne sullo sfondo della Russia sovietica: madre e figlia.
Vera, la figlia, è un'artista di talento miracolosamente impermeabile alle brutture che la circondano e, soprattutto, al comportamento di Katja, la madre, la cui umanità sembra essere stata completamente risucchiata dalle sofferenze di un'infanzia che, oltre che del cibo, l'ha privata della famiglia e dell'istruzione, prosciugando in lei qualsiasi parvenza di pietà e di sentimento. La sua storia riecheggia quella di tanti altri travolti dagli orrori del secolo scorso, ed è per questo che nei personaggi del romanzo si sono riconosciute almeno due generazioni di russi. Tuttavia, la scrittrice è capace di mantenere un difficile equilibrio e di parlare di eventi drammatici senza drammatizzare, conservando un prezioso senso dell'umorismo. È anche per questo che il suo libro ha avuto un enorme successo in Russia dove ha venduto oltre 45.000 copie, si è aggiudicato un prestigioso premio letterario e ha ispirato una riduzione cinematografica trasmessa dalla televisione.
Giulia Gigante
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