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Il saggio su Socrate resta il banco di prova di ogni filosofo: parlare del padre della filosofia del profeta del razionalismo e cioè della metafisica che distingue l'occidente razionale dall'oriente mistico è impresa che qualifica e che comunque costituisce l'accesso alla teoresi metafisica, imprescindibile per ogni successivo predicato di valore sulle categorie del pensiero astratto, diverso cioè da quello naturale o estetico che mai lo occuparono. "Il santo è una parte del giusto" scrive nell'Eutifrone Platone, il suo biografo, e il brocardo introduce alla religiosità della Legge, della Ragione, della Regola che questo profeta logico insegna a conoscere nella mathesis formulare greca o nell'idea giuridica della legge come "causa sui" la cui osservanza costituisca valore in sè, non onere per il rispetto del diritto altrui. Idee quindi che ritroveremo a distanza di millenni riprodotte nel razionalismo giuridico di Kelsen e nel formalismo matematico di Hilbert e che riproducono la ontologia fondamentale del maestro di Atene.Il saggio è propedeutico e di agevole lettura, benchè non esamini due elementi di dovuta analisi in ambito metafisico:l'integralismo razionalistico del Maestro e la comparazione della sua filosofia della Ragione con quella ebraica che ne contende il primato. Se Dio è la Ragione e Dio non ammette altro valore concorrente, allora la religio Legis di Socrate si spiega con la sua nota "nudità" morale e sociale: "non ho altro patrimonio che la Legge" diceva il Maestro ed a questo aspetto gnoseologico della sua teoria, l'operetta resta estranea. Nè esamina il rapporto col razionalismo ebraico di Maimonide (ontologico e intellettuale) o di Cristo (gnostico e sociale) e la comparazione sarebbe stata utile non tanto per stabilire primati, quanto per individuare oggi nei valori della coscienza occidentale le fonti remote di ispirazione. Cristo è l'incarnazione del Logos, ma Socrate è il Logos stesso.
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