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scheda di Revelli, M., L'Indice 1989, n. 5
Durkheim militante della cultura. Il libro colloca la genesi e la motivazione del sistema sociologico durkheimiano nel contesto politico della Terza Repubblica francese, in particolare in quel convulso "fin de siècle" in cui l'affaire Dreyfus, l'emergere tumultuoso del sindacalismo rivoluzionario, le ricorrenti tentazioni al colpo di stato e la violenza anarchica sembrarono mettere duramente in discussione i fondamenti stessi della legittimazione statale, lasciando nel contempo intravvedere una società politica dominata da gruppi di potere pronti a violare apertamente la legittimità repubblicana. Il suo progetto intellettuale, il suo stesso impegno accademico, acquistano allora il senso, per certi aspetti assai simile a quello dell'elaborazione weberiana, di un'impegnata ricerca (in chiave progressista) sui fondamenti stessi della legittimità e sulle condizioni per la costruzione di una società ben ordinata. La sua accanita difesa dell'oggettività del lavoro scientifico si spiega, così, sulla base della convinzione che "in un'epoca in cui sono scomparsi il prestigio religioso e quello dinastico, solo l'impersonalità e l'imperturbabilità della scienza permettono di organizzare il consenso e di dirigere la società". Il suo impegno "politico culturale" nella riforma universitaria e nell'affermare la sociologia come "potenza accademica", si connettono all'importanza del ruolo assegnato all'educazione, come strumento di ristrutturazione dell'etica e del costume. Il suo modello infine di società organica "fondata su una cooperazione solidale di classe", si pone come alternativa forte al nascente darwinismo sociale e alle affermate teorie di conflitto di classe; costituisce la sua "utopia concreta", che informa la sua strategia per collocare la sociologia "tra le forze progressiste della Francia della Terza Repubblica".
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