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Il volume afferma Angelo Panebianco nella presentazione è un "classico" negli studi delle relazioni internazionali. La tesi avanzata dall'autore, scomparso nel 1985, prende le mosse da una chiara prospettiva "realista": la società internazionale è anarchica. Nel contempo, però, ne viene messa in luce anche la natura di "società", la quale non è impermeabile alla ricerca di "ordine". E nel corso della storia diverse istituzioni hanno tentato di assicurare l'ordine mondiale; nell'età moderna, in particolare, vi sono state quelle messe in funzione dagli stati nazionali. Bull, in tale prospettiva, si domanda altresì quale sia lo scenario futuro: le due possibilità sono, ovviamente, ancora un sistema di stati, sebbene trasformato, oppure la loro scomparsa, che può condurre a un governo mondiale o anche a scenari di tipo neo-medievale (con la sovrapposizione di più autorità). Pur prendendo in considerazione le varie ipotesi, Bull privilegia in realtà quella della permanenza delle strutture statali. Su queste basi individua poi alcune ipotetiche configurazioni: dal modello Kissinger (il "concerto" tra le grandi potenze, che ha però il difetto di non tenere conto a sufficienza dei paesi poveri, vale a dire della maggior parte degli stati) a quello del centralismo globale (incarnato da istituzioni come le Nazioni Unite o la Corte internazionale di giustizia, nelle quali rimane tuttavia la difficoltà di conciliare esigenze insormontabilmente divergenti, dati i livelli di disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza). A questa analisi, indubbiamente rigorosa, segue una serie di proposte piuttosto vaghe, nella direzione di un allargamento del consenso a livello di società internazionale e di una cultura cosmopolitica che non pretenda di inghiottire i particolarismi.
Giovanni Borgognone
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