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C., sottilmente esperto di tutti i più vivaci sussulti psichici della persona, si presenta in questa sua silloge, con l’idea da spendere fino in fondo di un ‘nuovo umanesimo’, fondato sull’empatia tra essere umano ed essere umano e sulla semplicità coinvolgente dell’espressione poetica; che sempre rassomiglia a uno zampillo di acqua pura e battesimale o all’energia a colori della creatività vegetale, e nondimeno a un cespo di linee poetiche che raccolgono in un fascio le tessere buttate all’aria di un vasto e originario mosaico. Frammenti sparsi nello spazio di pace disegnato dall’amore che va da un passato remotissimo sino al nostro presente, includendo il patto dell’uomo con la sua vigile coscienza, e che coinvolge il pensiero morale greco-romano, la tradizione cristiana e i nuovi codici d’amore che il nostro tempo, di tanto in tanto, dovrà far germogliare e coltivare. Il suo è un felice movimento, con gesti da taumaturgo, quella “necessaria esplorazione” dello spazio intimo che il poeta chiama «libro interiore»; ma appunto in questo spazio curvo, circospetto, tutto diventa “affascinante conoscenza”, risveglio di primavera, possibilità di vivere l’intenso: di essere in armonia con se stessi. Un codice d’amore nuovo (con i suoi sapidi impulsi d’affetto) vi traspare, vive inserito in un quadro di rimandi che con dolcezza lo magnificano, partendo dal Borgo delle Muse, “oasi d’incanto”, urto felice di luce; con questo volto si ripresenta alla fine del viaggio, nel rifrangersi delle prospettive, l’impegnativa trama del labirinto-mondo che il protagonista ha dovuto attraversare e conoscere sino in fondo. Teseo o cavaliere devoto alla sua amata, ma anche ragazzo triste, Ulisse omerico e poliedrico Leonardo sono solo alcuni dei riferimenti cui questa poesia invita, per continuare a credere, oltre le apparenze menzognere della realtà, nella possibilità di un’armonia tra il tessuto del passato e il futuro, e, “nel raro solfeggio dell’oggi”, dell’uomo con se stesso.
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