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La difficoltà di immaginare un’alternativa politica
di G.B. Zorzoli
Singolare saggio, quello di Mauro Vanetti. A partire dal titolo – “La sinistra di destra” – ma ancor più dal sottotitolo: «dove si mostra che liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte».
Per Vanetti la sinistra di destra «è keynesiana, quindi ha una visione positiva del debito pubblico, che vuole soltanto continuare ad accumulare in maniera pacifica; è sovranista, quindi vede le rivendicazioni sociali subordinate alla priorità della sovranità monetaria, invece che viceversa», per cui gli è tutto sommato facile ironizzare su personaggi come Bagnai e Borghi o fare a pezzi un giullare televisivo qual è Diego Fusaro (è come sparare sulla Croce Rossa), mentre deve ricorrere a rischiose acrobazie dialettiche per inserire nel mazzo, sotto l’etichetta di “populisti di sinistra”, Podemos, La France Insoumise, il portoghese Bloco de Esquerda e i danesi di Enhedslisten. I quali, secondo Vanetti, prendono le distanze dall’altreuropeismo zombie, di cui Tsipras è stato anche il simbolo, dove altreuropeismo, «è la credenza superstiziosa nella possibilità di avere un’altra Unione europea, amica dei lavoratori e nemica del profitto e della rendita finanziaria», per di più zombie perché, «pur avendo questa posizione esaurito i suoi margini di vita obiettivi, si trascina in un’esistenza insulsa ripetendo poche frasi sconnesse; a differenza degli zombie ordinari». Tuttavia, con la «cosiddetta dichiarazione di Lisbona (Adesso, il popolo)» si schierano per la “rivoluzione democratica” o “rivoluzione cittadina”, quindi per il populismo di sinistra.
Per duecento e passa pagine Vanetti procede su questa falsariga, mescolando con disinvoltura in un unico minestrone populismo di destra e di sinistra, sovranisti ed europeisti, ma anche posizioni forzosamente ricondotte sotto queste etichette. Lo fa utilizzando lo strumento tipico del catechismo marxista, a colpi di citazioni di Marx (talvolta di Engels e di Lenin), avulse dal loro contesto. Le poche volte che non si appoggia a loro, ricorre ad affermazioni tanto perentorie quanto indecifrabili: «Una rivoluzione mondiale simultanea è inverosimile, però può esserci una ricerca attiva dell’innesco di un effetto domino internazionale.»
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