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L'autore scrive una lettera al suo personaggio, righe d'affetto e di congedo nel cinquantesimo anniversario della loro conoscenza (siamo nel 1979). L'omaggio grato a un incontro che cambiò tutto in entrambi e che fissò nell'indimenticabile Pantheon delle vite inventate un corpo decisamente più vero e più vivo di tanti scarti in odore d'immortalità: "Lei aveva circa 45 anni, io ne avevo 25. Ma lei ha avuto la fortuna, in seguito, di passare un certo numero di anni senza invecchiare....Che età avrebbe dunque oggi? Non ne so nulla, visto il privilegio del quale lei ha approfittato così a lungo. Al contrario, io sono invecchiato molto più in fretta di lei, come i comuni mortali, e ho ampiamente superato i 76 anni". Poi, più avanti, nel finale, i delicati saluti alla moglie: "Abbraccio con emozione sia lei sia la signora Maigret, che probabilmente non immagina quante donne la invidino e quanti uomini avrebbero voluto sposare una donna come lei". Può aprirsi e chiudersi così questo tributo nel tributo, stille di confessione e confidenza donate a un libriccino ricco di frasi d'autore, di attimi fissati nelle foto, accanto a un'intervista dove la grandezza delle risposte di Simenon rasenta il cielo della più nuda compiutezza. Sentiamolo sull'amore: "L'amore vero esiste quando due persone riescono a comunicare fra loro in silenzio. Lo si conosce dopo una certa età. Io l'ho conosciuto". Non tace poi il suo gigantesco strazio sul suicidio della figlia, non esita ad esaltare la sua infanzia e l'idea di diventare prete, "ma non perchè sentissi la vocazione, ma perché vedevo che i preti camminavano tanto all'aria aperta leggendo dei libri. Avevo l'impressione che avessero tanto tempo per leggere e scrivere. E io volevo leggere e scrivere". Ma la risposta più alta arriva quando definisce chi sia per lui l'uomo normale: "Colui il quale non può provare che non è pazzo, ma non può nemmeno provare che lo sia". Frase che sigilla ogni oncia del suo impressionante genio narrativo.
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