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Anno edizione: 2018
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Un’ottima biografia del personaggio più controverso, insieme a Cesare, della storia millenaria dell’Urbe. Il libro descrive la poliedrica personalità di Silla e le sue capacità di diplomatico, politico e soldato, offrendo una ricostruzione, succinta, ma mai banale, delle guerre che lo videro protagonista, della dittatura, delle proscrizioni e delle riforme istituzionali. Ne scaturisce l'immagine di uno dei più abili comandanti militari della Roma repubblicana (trionfatore a Cheronea, 252 anni dopo la vittoria di Filippo II contro tebani ed ateniesi, e ad Orcomeno nonostante la impressionante preponderanza numerica dell’esercito pontico) e di un politico dotato di una lucida strategia finalizzata alla restaurazione delle istituzioni della res publica in senso oligarchico. Non condivido tuttavia la simpatia dell’Autore per il suo protagonista, personaggio che invero mi ha sempre atterrito per la sua estrema crudeltà. Certamente dai Gracchi in poi la storia di Roma si era popolata di una pletora di uomini politici, tribuni della plebe soprattutto, che animati talvolta da idealismo, più spesso da irrefrenabile ambizione, avevano fatto della demagogia e della violenza la propria cifra politica (escalation che culminerà nella figura paradigmatica, tragica e affascinante allo stesso tempo, del tribuno Clodio). Questi politici, i cosiddetti populares, che ebbero in Caio Mario il loro campione, si facevano di volta in volta paladini delle istanze della plebs urbana, dei piccoli proprietari terrieri, dell’avido rango equestre, dei socii italici, propugnando riforme mirate a ridurre il potere della nobilitas e del Senato. Essi si resero responsabili di grandi atrocità, ma Silla, una volta assunta la dittatura, li superò ampiamente. E non è neppur vero che egli perseguì sempre la legalità: fu il primo, infatti, ad operare una marcia su Roma, violando così il sacro pomoerium. Non stupisce quindi che Cesare e Augusto abbiano fatto della clementia una delle virtutes cui ispirarsi.
Un'ottima biografia del personaggio più controverso, insieme a Cesare, della storia millenaria dell'Urbe. Il libro descrive la poliedrica personalità di Silla e le sue capacità di diplomatico, politico e soldato, offrendo una ricostruzione, succinta, ma mai banale, delle guerre che lo videro protagonita, della dittatura, delle proscrizioni e delle riforme istituzionali. Ne scaturisce l'immagine di uno dei più abili comandanti militari della Roma repubblicana (trionfatore a Cheronea, 252 anni dopo la vittoria di Filippo II contro tebani ed ateniesi, e ad Orcomeno nonostante la impressionante preponderanza numerica dell'esercito pontico) e di un politico dotato di una lucida strategia finalizzata alla restaurazione delle istituzioni della res publica in senso oligarchico. Non condivido tuttavia la simpatia dell'Autore per il suo protagonista, personaggio che invero mi ha sempre atterrito per la sua estrema crudeltà. Certamente dai Gracchi in poi la storia di Roma si era popolata di una pletora di uomini politici, tribuni della plebe soprattutto, che animati talvolta da idealismo, più spesso da irrefrenabile ambizione, avevano fatto della demagogia e della violenza la propria cifra politica (escalation che culminerà nella figura paradigmatica, tragica e affascinante allo stesso tempo, del tribuno Clodio). Questi politici, i cosiddetti populares, che ebbero in Caio Mario il loro campione, si facevano di volta in volta paladini delle istanze della plebs urbana, dei piccoli proprietari terrieri, dell'avido rango equestre, dei socii italici, propugnando riforme mirate a ridurre il potere della nobilitas e del Senato. Essi si resero responsabili di grandi atrocità, ma Silla, una volta assunta la dittatura, li superò ampiamente. E non e neppur vero che egli perseguì sempre la legalità: fu il primo, infatti, ad operare una marcia su Roma, violando così il sacro pomoerium. Non stupisce quindi che Cesare e Augusto abbiano fatto della clementia una delle virtutes cui ispirarsi.
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